Caso più unico che raro nella storia delle band musicali, gli alfieri del rock melodico venato di folk e di progressive Wishbone Ash possono vantare, all’interno della loro pingue discografia, anche un paio di album techno dance.
Si era verso la fine del secolo scorso e l’abbastanza tribolata vicenda della compagine della Cenere dell’Osso del Desiderio affrontava l’ennesima complicazione: era un brutto momento per il rock classico, esageratamente mortificato dalla drastica, testarda, ridicola corsa al grunge di tutte le risorse economiche degli addetti ai lavori.
Il leader Andy Powell, chitarrista, unico musicista cocciutamente rimasto al suo posto dei fondatori del gruppo, s’inventa pertanto una decisa diversificazione artistica, alleandosi col produttore e mago dell’elettronica Mike Bennett per creare questo “Trance Visionary”, sostanzialmente un’elaborazione al computer in chiave decisamente techno, drum&bass, quello che volete di alcuni passaggi del repertorio Wishbone Ash, supportata qua e là da effettive esecuzioni con gli strumenti tradizionali da parte del quartetto di musicisti di quel momento.
Pare che quest’opera, oltre naturalmente ad aver lasciato a suo tempo esterrefatti tutti gli appassionati dei Wishbone, abbia effettivamente spopolato nei circuiti ballerecci in giro per il mondo, specialmente nella natia Gran Bretagna.
Da fan e buon conoscitore della musica di questa formazione, essendo al contempo disinteressato a qualsivoglia musica elettronica di consumo ovvero di rimbambimento in discoteca, trovo interessante l’ascolto di queste tracce divertendomi a riconoscere, sotto le stratificazioni elettroniche e le aggiunte di ritmi ossessivi, chiacchiere di chissà chi eccetera, le originali partiture Wishbone.
Mi intriga in particolare tutto ciò che coinvolge l’elaborazione di uno dei brani più storici del gruppo, quel “The Pilgrim” capolavoro del secondo album di carriera “Pilgrimage”, il quale nella sua prima parte offriva un ossessivo, stordente arpeggio di intensissima suggestione. Del disco in questione è molto “saccheggiato” pure il suo brano di apertura “Jail Bait” e questo non può non farmi piacere, essendo uno dei più riusciti, bizzarri e seducenti dei Wishbone.
La musica scorre fluida e in divenire, perdendo e acquistando continuamente ritmo, obbedendo ai necessari crismi della trance danzereccia, senza pause di silenzio fra le varie tracce sostituite per lo più da annunci aeroportuali o cose così. Tra loop sintetizzati alla Mike Oldfield, groove drum&bass avvicendati a fasi in cui lavorano basso chitarra e batteria reali, si passa un’ora buona a stordirsi (se si è messo il volume a dieci e non si fa altro se non eventualmente dimenarsi) oppure, a modesto volume, a godere del sottofondo a guisa di colonna sonora facendo nel contempo qualcos’altro.
A questo disco techno, house, trance uscito nel 1997 ne seguirà subito un altro simile, intitolato “Psychic Terrorism”, poi vi sarà un gap di qualche anno seguito per fortuna dalla copiosa, splendida attività degli anni duemila, con di nuovo protagonista l’eccellente rock blues folk melodico farcito di doppia chitarra solista, ineguagliabile peculiarità di questo quartetto.
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