Il tempo passa velocemente e dieci anni sono già trascorsi dall'omonimo disco di debutto che nel 2004 li consacrò come una delle band più interessanti del panorama europeo del "revival rock". Un secondo lavoro ("Firewood"), buono ma privo della genuinità primordiale, fino a "The Alchemist", tentativo riuscito di un hard rock più complesso e "barocco". A ben cinque anni di distanza dall'ultimo lavoro, il combo di Orebro è tornato sulle scene del "revival rock europeo", orizzonte musicale sempre più vasto e florido. Ancora una volta i Witchcraft ci consegnano un disco che prende a piene mani dai tempi che furono, ma lo fa con classe, maestria, una buona dose di attitudine e la consapevolezza di essere una delle realtà più importanti e affermate di questa nuova scena.
Che questi quattro svedesi ci sapessero fare si era capito fin dal primogenito omonimo, ma a distanza ormai di un decennio da quel figliolo, i Witchcraft hanno dimostrato di non essere la band "meteora" capace di scomparire subito dopo un buon debutto. "Legend" (settembre 2012) è il lavoro della definitiva consacrazione. L'album che suggella tutto ciò che i nostri avevano partorito e costruito in precedenza: c'è la carica più grezza e schietta degli esordi e il folk ricercato di "The Alchemist", ma c'è soprattutto una band che ormai scolpisce un rock proprio, evidentemenre debitore dei grandi, ma allo stesso tempo capace di solcare un sentiero autonomo. L'ottima registrazione risalta il solito mood vintage, con le due chitarre di Tom Jondelius e Simon Solomon a troneggiare. Ad esse si affianca la grande prova vocale di Magnus Pelander, uno dei nomi di spicco della scena "revival", che dall'omonimo disco di debutto ha avuto una crescita impressionante dietro il microfono.
Ad accompagnarci nel quarto lavoro targato Witchcraft è un songwriting compatto e privo di sbavature, che si mantiene sempre su livelli elevati. Dall'intro simil stoner di "Flag Of Hate" al ritmo irriverente di "It's Not Because Of You", passando per le splendide "An Alternative To Freedom", "Ghosts House" e l'acida ballata "White Light Suicide". Fulgidi esempi di rock moderno che affonda le proprie radici nei cari vecchi seventies. I Witchcraft riescono a rievocare quel periodo attraverso una rara maestria compositiva. Tenendosi alla larga dall'imperante computerizzazione sonora e dai vizietti tecnologici di una schiera sempre più larga del mondo rock. In tutto ciò c'è il tempo anche per l'invettiva critica di "Democracy" e per la suite finale "Dead End", probabilmente l'episodio in cui si mostra in modo più significativo il livello raggiunto dal songwriting degli svedesi e in cui risulta più chiara l'influenza della "combriccola" di Jimmy Page.
"Legend" è un disco di assoluto livello, un piccolo gioiello nel mondo invaso dalle leggi radiofoniche e dalla "musica su commissione". "Legend" è un lamento di disperazione nel panorama del rock. Immaginate un'improbabile connubio tra Black Sabbath e Led Zeppelin se questi fossero nati nel nuovo millennio: forse suonerebbero come i Witchcraft di "Legend".
1. "Deconstruction" (5:10)
2. "Flag Of Hate" (4:36)
3. "It's Not Because Of You" (4:14)
4. "An Alternative To Freedom" (5:17)
5. "Ghosts House" (4:17)
6. "White Light Suicide" (5:16)
7. "Democracy" (3:49)
8. "Dystopia" (6:46)
9. "Dead End" (12:11)
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