Gli anni ’40 del 1600 non sono stati certamente un periodo di prosperità e pace per l’Inghilterra, interessata dal 1642 al 1648 dalla Rivoluzione Inglese. In quello stesso periodo agiva Matthew Hopkins, un uomo malvagio e senza scrupoli che, lautamente ricompensato, vagava per l’isola britannica accusando di stregoneria donne innocenti, solo per accrescere i suoi guadagni, sfruttando le credenze e la superstizione della classe rurale inglese.
Il terzo film del regista Michael Reeves narra appunto la storia di Matthew Hopkins e di tutte le malvagità da lui compiute per tornaconto personale.
Il film, uscito in Italia con il nome di “Il Grande Inquisitore”, in lingua originale prende il nome di Witchfinder General.

E’ stata sicuramente questa l’ispirazione per il quartetto di Stourbridge che si colloca in piena New Wave Of British Heavy Metal, genere sviluppatosi dall’inizio degli anni ‘80 in Inghilterra che comprendeva una grande moltitudine di band le quali non avevano in comune tanto il modo di suonare, bensì l’area geografica di provenienza, appunto l’isola Britannica (Basti pensare a una band a caso, gli Iron Maiden, che musicalmente non avevano quasi nulla a che spartire con i Venom per esempio, ma nonostante ciò facevano entrambi parte della suddetta corrente musicale).
“Friends Of Hell” è il secondo album in studio dei Witchfinder General, album che ha visto la luce nel 1983 subito dopo “Death Penalty” e, in linea di massima, rappresenta una continuazione del discorso iniziato appunto con il suo predecessore.
Ci troviamo di fronte a un Heavy Metal di buon livello con fortissime sfumature Doom che avvicinano indubbiamente i Witchfinder General ai leggendari Black Sabbath: suoni pesanti, atmosfere oscure, cupe, combinate tuttavia a delle ritmiche sostenute, aggressive, propriamente più “Heavy Metal”, diversamente dai St. Vitus ad esempio che, anche loro molto simili ai Black Sabbath avevano preso la strada del Doom Metal, e alle sonorità oscure, alle tonalità estremamente basse univano delle ritmiche lente, cadenzate, che suscitavano nell’ascoltatore sensazioni di oppressione, tensione, angoscia, proprio come i Sabbath.

I Witchfinder General si presentano pertanto come un connubio perfetto tra la New Wave Of British Heavy Metal, il Doom post Black Sabbath dei St. Vitus e i Black Sabbath stessi. Basti pensare a “Quietus Reprise”, nella quale l’influenza della band di Iommi e soci è più forte che mai, in particolare nel riff iniziale, nell’arpeggio centrale distorto e, in parte, anche nelle linee vocali che tendono a imitare lontanamente Ozzy Osbourne, perlopiù all’inizio della canzone.
La line up era nel 1983 formata dal cantante Zeeb Parkes, dotato di una discreta voce, una buona sezione ritmica costituita da Graham Ditchfield dietro le pelli e Rod Hawkes al basso, mentre alla chitarra c’era un ispirato Phil Cope che plasmava riffs di ottima fattura con la sua sei corde, mantenendosi su un’impostazione principalmente blues per quanto riguardava invece la solistica, come del resto quasi tutti i chitarristi Hard Rock/Heavy Metal.
Tutte le tracce sono state scritte da Cope e Parkes, ad eccezione di “Love On Smack” uno dei capitoli meglio riusciti dell’album, scritta con la compartecipazione del bassista Rod Hawkes.

Ritengo che l’opera, analizzate le tracce contenute, sia eterogenea e varia. Non sono certo rari i pezzi che si rispecchiano totalmente nelle caratteristiche anticipate in precedenza, come appunto la bellissima “Love On Smack”, colma di validi assoli, con una discreta varietà di riffs, oppure “Quietus Reprise”, molto Sabbathiana, è anch’essa caratterizzata da un turbinio di riffs e inoltre intervallata da due arpeggi, uno distorto (come accennato in precedenza) e uno in chitarra acustica, estremamente rilassante tanto da risaltare tremendamente nella distorsione carica di tensione  della chitarra di Cope, costituendo un inaspettato stacco nonchè un momento di pausa dall’ascolto della track.

Ma del resto è possibile imbattersi, nei piacevoli 36 minuti di ascolto in canzoni orecchiabili come “Music”, dotata di un ritornello molto catchy che rimane impresso nella mente sin dal primo ascolto (“I need music, Oh yeah I do; I need music, every day”). E’ importante soffermarsi in questo caso anche sul testo che si allontana dai canoni dei Witchfinder General che, come tematiche, si mantengono sulla falsa riga dei Black Sabbath: i testi oscuri, tenebrosi, plumbei rispecchiano la loro musica, dotata delle stesse caratteristiche. Dunque un testo come quello di “Music”, un inno alla bellezza della musica, che diviene per l’uomo un bisogno da soddisfare necessariamente, può risultare anomalo anche se leggendolo approfonditamente si può individuare una lieve venatura di pessimismo soprattutto nella contrapposizione tra l’affermazione iniziale (“Dreamt of making records”) e quella finale, che chiude la canzone (“Now I know that writing music we will die”).

Le tre canzoni fino ad ora nominate sono a mio parere, le più riuscite, l’apice creativo e compositivo dell’album; tuttavia sono discrete e degne di menzione anche “Last Chance” e “Requiem For Youth” con il loro riff trascinante e coinvolgente che le avvicina di più agli standard musicali dell’Heavy Metal, rispetto a “Love On Smack”, “Music” e “Quietus Reprise”, nelle quali è più evidente l’influenza dell’Hard Rock settantiano. Tale influenza è riscontrabile anche in “Shadowed Images” un’altra canzone che deve molto ai primissimi Black Sabbath.
Le rimanenti tracce che compongono l’opera sono la title track “Friends Of Hell”, e la ballad “I Lost You” che tramuta in musica un testo basato sulla promiscuità tra il tema amoroso e i sentimenti di angoscia, avvilimento e afflizione, un po’ come nella opening track già descritta “Love On Smack”.
Tuttavia queste ultime due non hanno attirato particolarmente la mia attenzione tanto da rimanere impresse nella mia mente e pertanto si collocano, secondo il mio modesto e personale parere, un gradino sotto agli altri pezzi del’album.

In linea di massima dunque possiamo valutare questo “Friends Of Hell” un album discreto, piuttosto ben riuscito, che trova i suoi punti di forza nell’eterogeneità delle canzoni che compongono il platter, come già detto, e nel aver proposto un genere ibrido tra l’Heavy Metal della New Wave e il Doom che, dopo il successo dei Black Sabbath (che erano stati i principali ispiratori di questo nuovo sottogenere) iniziava a diffondersi e ad influenzare diverse band. I Witchfinder General risaltano sicuramente nel panorama delle altre band contemporanee e connazionali dedite allo stesso genere e probabilmente avrebbero meritato maggior successo e maggiore notorietà di quanta ne abbiano raggiunta durante la loro carriera. Disco consigliato a chiunque apprezzi particolarmente i primi Sabbath (dell’era Ozzy) e risulti tuttavia affascinato dal sound vario e multiforme delle innumerevoli band che componevano la nuova ondata dell’Heavy Metal Britannico.

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