E si comincia con i grandi ritorni di quest'anno, con uno di gruppi del panorama metal che più sto seguendo attualmente. Dopo il semi-successo di vendite e critica del precedente The Unforgiving, gli olandesi Within Temptation provano a cambiare di nuove le carte in tavola. Perché, come sappiamo bene, la loro specialità è proprio quella di rifarsi ad ogni nuovo album, mutare il proprio sound, rimanendo sempre legati al rock/metal sinfonico ma incorporando, di volta in volta, altri generi sempre diversi: dal doom/death di Enter; dalla musica celtica di Mother Earth; dal puro rock sinfonico di The Silent Force; dall'alternative metal di The Heart of Everything; fino alla dance/elettronica di The Unforgiving. Questa volta il genere che sono andati a toccare è quello del power metal, e qui per me cominciano i primi problemi.

Non ho mai nascosto a nessuno il mio odio verso questo genere, mai me ne sono vergognato e mai me ne vergognerò. Ci tengo a chiarire che si tratta di un odio generato col passare del tempo, e che non è nato dal principio. Ciò per me è un fattore che ha influenzato tantissimo il mio giudizio su quest'album, dal quale mi aspettavo tanto, ma tanto di più. Altra cosa rilevante sono il numero di ospiti nel disco, ben cinque, di cui due ben famosi e rispettati nel loro campo (non necessariamente anche da me) , che sono Howard Jones, ex-vocalist dei Killswitch Engage, e Tarja Turunen, anche lei ex dei Nightwish. Nel primo caso, abbiamo un pezzo intitolato "Dangerous", uno di quelli maggiormente influenzati dal sound power nel disco, ma che fortunatamente viene salvato da Howard stesso, anche se la sua voce non mi è sembrata del tutto convincente. Mentre invece, nel secondo caso, c'è "Paradise (What About Us)", e qui pare di sentire un'altra band e non i Within, pare di sentire i più melassosi e commerciali Nightwish, sarà merito della presenza di Tarja? Probabile, dato che è una cantante che non sopporto assolutamente. L'ultimo ospite su cui sarebbe opportuno spenderci qualche parola è il rapper Xzibit. Sì, un rapper, e no, fino a qualche settimana fa non sapevo neanche chi era. Tuttavia dovrei incontrarlo di persona e stringergli la mano, per aver preso parte alla peggior canzone di tutto il loro repertorio finora, e che prende il nome di "And We Run", uno dei punti più bassi della loro carriera. A parte quelle con gli ospiti, il resto delle canzoni non sono proprio un granché, fatta eccezione per "Let Us Burn", che si mantiene sui canoni classici del gruppo, forse un pezzo scartato dal precedente The Unforgiving, e per "Silver Moonlight", dove il chitarrista Westerholt torna a cantare in growl dai tempi dell'esordio Enter. Tutto il resto scorre in maniera troppo limpida, nessuno spunto interessante e niente che possa incentivare l'ascoltatore a riascoltare tutto l'album.

Dopo 17 anni, anche per i Within Temptation è arrivato il passo falso, una cosa quasi inevitabile per chiunque, un peccato soprattutto per chi, come me, si aspettava molto, o addirittura di più. Ma ripeto che il mio giudizio è basato sul fatto che ormai, per me, il power metal è un insopportabile prurito per le orecchie. Ciononostante, l'album non è tutto da buttare. Non del tutto.

VOTO = 5/10

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