Il melanconico duo composto da Walter Westrupp e Bernd Witthüser appartiene alla scena folk-rock tedesca dei miracolosi anni ’70; a differenza di altre formazioni teutoniche dedite a questo genere (Ougenweide, Hölderlin, Schmetterlinge, etc…) i loro dischi hanno valicato facilmente i confini nazionali per finire nei giradischi di tutto il mondo sebbene l’intero repertorio sia cantato tassativamente il lingua tedesca. Entrambi pluri-strumentisti, molto dotati soprattutto con le chitarre acustiche, non possiedono tuttavia il talento prettamente barocco e la devianza “progressive” di formazioni più disinvolte e solari come gli Ougenweide; quello che li rende unici è la sapiente commutazione della musica popolare attraverso varie contaminazioni ed innovazioni stilistiche difficili da definire. Qualcuno ha parlato di “cosmic-folk”, altri di “musica cosmica”, di sicuro il fatto che furono i precursori di un genere nuovo che spazia dal folk acido dei Bröselmaschine all’acustica spazio-ambientale degli Emtidi, sino a raggiunge i visionari esperimenti elettroacustici del supergruppo Cosmic Jokers (compreso gli album a nome Sergius Golowin e Walter Wegmüller).

Questi due loschi individui iniziano a collaborare nel giugno 1969 da prima nell’appartamento di Witthüser ad Essen e di seguito in studio a Berlino (marzo 1970) sotto l’ala protettrice del produttore Peter Meisel per la compilazione dell’album “Lieder von Vampiren, Nonnen und Toten”, opera macabra nei riferimenti, satirica nel contenuto, leggermente politicizzata e saldamente agganciata ancora al repertorio culturale tedesco ante-guerra. La strumentazione musicale che i due si fregiano d’utilizzare è vasta e comprende oltre ai classici del genere: ukulele, zither, chitarre, armonica, tamburi, fiati, fisarmonica cromatica; anche oggetti d’uso comune come “asse da stiro”. Dopo l’uscita di questa prima collaborazione Walter Westrupp lega con Rolf-Ulrich Kaiser (possiedono una visione abbastanza simile della società, a proposito del qualunquismo imperante e del consumismo tiranno) e il duo passa sotto il controllo artistico del noto produttore. Già dal secondo album (Trips & Träume), considerato dai sapienti critici la loro migliore proposta discografica, il folk diviene etereo, contaminato dal blues, dalla musica etnica e da suoni ipnotici e astratti creati con le tastiere ed il Mellotron. Segue “Der Jesus Pilz, Musik vom Evangelium” inspirato tanto dalla visione psichedelica del mondo ipotizzata dallo schizzato Timothy Leary quanto dall’eretica opera letteraria di John Marco Allegro. Ho deciso tuttavia di recensire il loro penultimo disco (ultimo registrato in studio), titolato Bauer Plath, poiché la sapiente critica lo ha considerato e classificato il peggiore tra i cinque album del duo; personalmente invece lo trovo un’opera completa, emozionante, stimolante, godibilissima, estremamente originale e dalla forte carica iconoclasta.

Bauer Plath esce nel 1972 prodotto anche questo dal buon Kaiser; c’è da precisare che Witthüser e Westrupp sono i compositori di tutti i brani ma vengono aiutati nelle esecuzioni da altri musicisti esterni e sarà per questo che le musiche sembrano ora più complete e meglio arrangiate, vivono di influssi provenienti tanto dal progressive dei Wallenstein di Jürgen Dollase quanto dalle stravaganti divagazioni spaziali della co-produttrice Gille Lettmann (la compagna di Kaiser meglio conosciuta come “Sternenmädchen”); in bella vista quadrifonica anche il tecnico del suono Dieter Dierks che per l’occasione suona il Mellotron creando tappeti d’archi e corali tridimensionali. I pezzi che si fanno notare immediatamente sono le due suite di media lunghezza “Der Rat der Motten” e “Das Märchen vom Königssohn”. Nella prima il testo dal sapore a tratti bucolico e campestre, a tratti notturno ed esoterico, viene accompagnato da un’introduzione leggiadra totalmente acustica; la fisarmonica tratteggia una nuova armonia mentre la voce enuncia un proclama, salgono a poco a poco le tastiere (organo e sintetizzatore) e la musica diventa ricercata nello scorrere ritmico dei suoi anfratti che sembrano soltanto a primo ascolto lineari, in realtà è un’opera in crescendo verso un picco accelerato e quasi sinfonico. Bellissima !!! e poco importa se il significato delle parole troppo spesso sfugge, i suoni guidano l’ascoltatore in un luogo distante, arcano e fiabesco. Nella seconda si enunciano tutti quelli che saranno i caratteri stilistici a venire, soprattutto nelle produzioni di Kaiser riservate a Golowin (Lord Krishna von Goloka) e Wegmüller (Tarot); il titolo sembra quasi un gioco di parole, un omaggio a Kaiser stesso, Witthüser narra di visioni, di fate e di un Re. Melodie tristi e dal sapore vagamente nostalgico vengono create con arpeggi melodici di chitarra ed organo, effetti elettronici e cori sintetici; la voce continua a recitare in questa ascesa ancestrale sino ad un intermezzo allegro che spezza la struggente preghiera. In chiusura riprende la nenia commovente dell’inizio con piglio decisamente più marcato grazie al massiccio utilizzo di pianoforte ben pesato e di suoni sintetizzati che creano trame tra l’ambient music di stampo spaziale e la musica sacra. Gli altri pezzi, pur conservando l’atmosfera amara (Vision 1), dolce (Zu den Jahreszeiten), sensuale (Die Schlüsselblume) e “bifolca” (Bauer Plath), possono essere più facilmente accostanti ad una classica folk music creata però da menestrelli post-nucleari pronti a cimentarsi non soltanto con chitarre, vibrafoni, percussioni, harmonium, flauti etnici, etc, ma anche e soprattutto con strumentazione moderna come basso elettrico, chitarra elettrica e soprattutto tastiere elettroniche. Assai arduo trovare corrispondenze con altri gruppi folk rock non tedeschi, qualunque tentativo risulta presto vano; Witthüser e Westrupp rimangono ad oggi una delle formazioni a mio avviso più interessanti tra quelle nate a cavallo dei primi anni ’70 e introdotte a spintoni di comodo nel calderone del krautrock.

Il duo, ancora in attesa di essere pienamente valorizzato dalla critica specializzata di progressive rock e vecchio underground, si è sciolto nel 1973 dopo alcuni concerti a Coblenza. Walter Westrupp (ancora oggi in piena attività) è tornato a fare musica skiffle mentre Berhard Witthüser dopo aver messo in piedi il duo "musico-treatrante" Otto & Barnelli (si vedano per l’Italia alcune vecchie trasmissioni condotte da Renzo Arbore) è tornato a fare musica folk propriamente detta, soprattutto durante manifestazione in costume nella sua cara ed amata Germania. 

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