Texas.
Nel deserto una bettola, ai marigini della strada, illuminata dall'interno.
Dentro fumo, puzza di sudore, un flipper rotto nell'angolino e, al bancone come ai tavoli, ciccioni barbuti, di pelle vesititi, con birra, e occhiali da sole anche di notte.
Fuori una mandria di Harley.
Si direbbe che i Wo fat siano nati per suonare in luoghi come quello sopracitato, che la massima pretesa di questo trio texano giunto oggi al secondo full lenght, sia quella di potersi portare nel furgone a fine concerto qualche cassa di bira offerta dal locale, prima di lanciarsi sulla strada per raggiungere il prossimo posto in cui suonare (ubriachi of course); si direbbe insomma che siamo davanti a un gruppo che mira prima allo sballo e poi al successo.
Una "rissa sonora"; Heavy/Southern/Stoner/Blues da ascoltare dal fondo di un bicchiere, fumando marmitte per coglierne meglio la vena allucinata. Un disco, che tra umidi wa-wa, appiccicosi fuzz e ustionanti riff, tra memorie settantiane, e apprezzamenti sabbathiani, ci trascina in un trionfo di alcool, ganja, e sudore. Un disco che non inventa nulla ma è in grado di miscelare alla perfezione Fu manchu, Kyuss, Black Sabbath e Sleep.
Benzina, doppio malto, e marijuana.
Carico i commenti... con calma