Un recente viaggio a Salisburgo fa da cornice e da spunto per questa recensione dei primi 4 concerti per pianoforte e orchestra scritti dal giovanissimo Wolfgang nel 1767.

Mozart nacque tedesco in quel di Salisburgo appena 11 anni prima, benedetto dal dio Apollo che ne avrebbe fatto una delle stelle più folgoranti del firmamento musicale europeo.

Il padre Leopold - a cui la storia sta riconoscendo sicuramente più meriti che condanne - da buon “impresario di famiglia” qual era, riconobbe prontamente le meravigliose doti del bambino prodigio e decise, di conseguenza, di “sfruttarle”, iniziando un viaggio formativo presso le principali corti europee. Obiettivo dichiarato: superare i limiti della provinciale corte arcivescovile per mostrare al mondo che contava, con “il più gran chiasso possibile”, il talento precoce dei suoi due gioielli (Wolfgang e sua sorella Nannerl), non senza banali ragioni di lucro e di acquisizione di prestigio per i futuri incarichi di corte.

E così, per più di tre anni, tra esibizioni al limite del circense, come raccontano le cronache del tempo o le missive dello stesso Leopold, il giovane Mozart ha la possibilità di venire a contatto con i vari Schobert, Eckard, Honauer, Raupach, Abel, Johann Christian Bach, nomi oggi sconosciuti ai molti ma appartenenti a personaggi illustri della scena e del gusto musicale del tempo. Saranno questi primi contatti, uniti alle innate capacità del giovane salisburghese di assorbire e rielaborare, a gettare le basi di quel cosmopolitismo che caratterizza tutta la sua opera.

I 4 concerti furono scritti a Salisburgo di ritorno da questo primo viaggio e, dal punto di vista strettamente compositivo, non rappresentano il vertice della produzione dell’undicenne Mozart. Sono, di fatto, rielaborazioni proprio di sonate per clavicembalo di quei Maestri conosciuti all’estero - delle cover si direbbe oggi - esercizi programmati dall’astuto Leopold per aumentare il repertorio del figlio in previsione di un nuovo viaggio all’estero.

Esercizi, però, gustosissimi, nei quali Mozart introduce la propria personale inventiva nell'accompagnamento orchestrale, trasformandoli in piccoli capolavori con il dono, al contempo, dell’originalità e della sintesi di tutto lo stile di un’epoca; formule e linguaggi che saranno rivoluzionati proprio dal Mozart più maturo.

Per l’ascolto di questi piccoli gioielli consiglio l’edizione dell’economica Naxos, nella quale l’onnivoro Jeno Jandó al pianoforte ne azzecca l’esecuzione ma, soprattutto, l’atmosfera e la galante leggerezza, piacevolmente accompagnato dal Concentus Hungaricus diretto dall’altrettanto sconosciuta Ildiko Hegyi.

Esistono, naturalmente, edizioni più prestigiose, prima fra tutte quella CBS con Perahia nel doppio ruolo di pianista e direttore, ma qui lo stile galante diventa smisuratamente “elegante”. Queste gemme grezze diventano sotto le sue dita delicate ametiste già proiettate nel pieno di un classicismo di lì a venire, dove gioielli come questi non possono reggere il confronto con i futuri capolavori del Maestro. Gli amanti della filologia possono invece rivolgersi all’edizione Philips, con una Ingrid Haebler al fortepiano in grado di restituire l’intima natura di queste pagine, nate tra le spesse mura domestiche di casa Mozart.

Concerti per pianoforte e orchestra n. 1-4 in fa maggiore, si bemolle maggiore, re maggiore, sol maggiore K 37, 39-41

Jeno Jandó (pianoforte), Concentus Hungaricus, Ildikò Hegyi (dir.) – 1991 - Naxos – DDD
Murray Perahia (pianoforte e dir.), English Chamber Orchestra – 1984 – CBS – DDD
Ingrid Haebler (fortepiano), Capella Academica Wien, Eduard Melkus (dir.) – 1991 – Philips Classics - DDD

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