Sarà la sagra delle barbe incolte e il festival delle magliette nere...
Stavo aspettando con impazienza l'unica data in programma di questi canguri australiani nella nostra terra... (Cioè come canguri non erano lupi? Si beh poi te lo spiego...) Facevo mentalmente il conto alla rovescia, che di tutti i concerti che mi sarei pappato in quest'estate sarebbe entrato nei primi 3 o 4, insomma roba grossa per quel che mi riguarda.
Credetemi, me l'ero sognato ed immaginato più volte. Del tipo giornata autunnale fuori stagione, piovosa ed un tantino fuori posto, che non ti smuovono dal divano neanche con le cannonate. Ed invece saremmo partiti in quattro, al tramonto, io ed il solito combo Hard-Rock abituè dei live ruspanti. Nonostante un "interessantissimo" giro panoramico dell'autostrade adiacenti, (vedi alla voce abbiamo sbagliato strada e ci siamo fatti una quarantina di km verso Bologna), saremmo arrivati presto, a stomaco vuoto e con il culo affondato nei sedili del turbo diesel tedesco.
Il locale si sarebbe riempito in fretta fino a diventare una piacevole bolgia trepidante, ma ancora ordinata nel suo vociare.
Due enormi leopardi di sfondo, soundcheck volante e le luci già smettono di brillare, ergo i quattro imbracciano gli strumenti e ti buttano li una tripletta killer da urlo: "Dimension", "New Moon Rising" e (pensavo se la tenessero in caldo di più) quella "Woman" manifesto che fu del primo album. E che personalmente ho da subito ritenuta una Paranoid degli anni 2000, con quel suo tiro tremendo, quella forza in grado di trainare una band sconosciuta in giro per i palchi di mezzo mondo e di far cantare anche la tipa con gli occhialetti stretti e la treccia di capelli in testa. Tutti e tre i pezzi dilatati a dovere con improvvisazioni del momento.
Ah dimenticavo, cancellate tranquillamente quello che dicevo sopra riguardo la bolgia, ora è tutto un catino di gente gasata e ululante e di braccia che mulinano l'aria. Andrew Stockdale è come me l'aspettavo: riccioluto suona la sua "diavoletto" con il piglio dei '70, tenendo in mano i presenti con lo sguardo un po' spiritato e con quella sua voce acuta che ricorda manco a dirlo Il biondo Robert. Fa la star insomma e la fa bene. La vera sorpresa è però Ian Peres padrone del binomio "bass and keys", personaggio funambolico che ricorda nell'incedere e soprattutto nelle sembianze Mel Schacher dei Grand Funk. Manda la gente in visibilio quando si getta su quell' hammond clamorosamente reduce da un California Jam a caso e farcisce "Cosmic Egg", la psichedelica "Mind's Eye" e "Colossal" di una verve primordiale rendendole ancora più gustose, se si può.
Nel mentre si saranno ritagliate un posto anche una "White Unicorn" (lunghissima) inframmezzata da una versione credibile di "Riders On The Storm" e un nuovo pezzo accreditato dai più come "Everyday Drone" diretta come un singolo di sucesso e con solo epico di chitarra nel mezzo. Avrei preferito come momento di respiro "Far Away" dal secondo "Cosmic Egg", invece il "lento" prescelto è "By The Sword" dal disco solista di Slash, suonata così così e cantata in modo un po' sofferto da Andrew, più a suo agio quando può liberare la sua ugola senza troppe dinamiche. Altra sorpresa una "Baba O'Riley" (cantata di gusto da tutti, ma proprio tutti) con Stockdale nei suoi jeans neri attillati che sfiora la grandezza di un Roger Daltrey e Peres a duplicare il celeberrimo intro che fu di Pete. La davanti, nel bel mezzo del marasma intendo, è un semi delirio di gente senza freni che fa di qua e di là per la sala come molle impazzite. A metà tra Sabbath (anche più di metà), Zeppelin, Purple prima maniera ed un pizzico dei Budgie più underground. Tutto come da copione, carrellata di Gibson SG di colori vari compresa.
Lasceranno sotto il palco una massa appiccicata e schiumante, noi sul soppalco alla sinistra dello stage con la gola secca e le orecchie piene ancora di "Joker And The Thief" spumeggiante finale di set.
Saranno un'ora e tre quarti senza sosta più due bis, in pratica due ore di musica piene, tonde, quadrate ed anche graffe.
Sono stati grandi, hanno dato tutto ed anche di più di quello che mi aspettavo da loro. Davvero non pensavo...Non potrebbe andar meglio, tutti festanti. Loro quattro, noi quattro, il resto della "people", quelli del locale per l'incasso al botteghino e quelli del merchandising che brindano probabilmente per il record di vendite di magliette! Fuori c'è uno sbalzo di dieci gradi, piove ancora e di brutto. Ritroveremo la tedesca nel parcheggio bella lucida e pronta a fare di una nuvola umida il ricordo di questa serata, diretta verso la tang. Est milanese. Questo è tutto. Poi mi sveglio.
Tutto o in parte è ciò che accadrà stasera intorno alle 22:00 a metà tra Milano e Bergamo credetemi se vi dico che l'ho sognata così. Chiedete a chi ci è stato e se vi capita in futuro...Ad occhi chiusi. Che i Wolfmother dal vivo sono una fottuta band anni settanta che spacca!
Il parere del commendatore Bossolazzi:
Tutti felici e contenti come nel lieto fine più annunciato. Per un pugno di nespole. 5 per la precisione.
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