Phycho-delicatessen.

In un batter d'occhio sono già li con il ditino sul tasto play per un altro ascolto. Questo nuovo targato Wooden Shjips è facile e commestibile al punto giusto e mi lascia pure un po' di polvere di stelle sulle spalle della giacca.

Può essere che il cambio di etichetta, qui sono su Thrill Jockey, possa aver contribuito a focalizzare meglio di altre volte il loro gusto psycho-vintage, dirigendoli più che nei tre capitoli precedenti verso un'idea quasi pop del concetto di psichedelia. Tant'è.

Meno Velvettiani dei Black Angels e meno garage dei Baby Woodrose, i W.S. rimangono fedeli al loro credo lanciando un sasso nello stagno paludoso del rock psichedelico con una manciata di pezzi carichi di fuzz guitar,  finalizzati più al senso ipnotico dell'insieme  che all'impatto sonoro. Non è mai stato nelle loro corde e così è anche in questo 2011. Per rendere l'idea questo West farà la felicità di chi intende perdersi in suoni circolari e volutamente lo-fi su cui aleggia l'aura del Morrison Hotel. Senza contare la puntatina nella cosmica tedesca che i nostri hanno sempre avuto nel loro DNA. Il tutto condito dalla voce sciamanica di Ripley Johnson e dal delay al gusto Kraut che pervade le sessioni di registrazione. Senza essere delle teste di serie scalano comunque le mie preferenze in questo "duemulaeundici" insieme a "Mastersleep" degli Hills anche loro da tenere d'occhio.

Ho la presunzione di dire che questo è il loro lavoro più riuscito, senza dubbio è un passo avanti verso la definizione del loro sound. Senza spostare di una virgola la loro geografia musicale qui suona tutto più famigliare ed accomodante. Si può essere popoular anche così. Vengono ricalcati con sincerità e nuova energia i temi e le sonorità meno solari ma più acide di quel beat-psichedelico che si insediò nella baia di S.Francisco dopo aver attraversato il Sunset Strip di L.A.

Citano apertamente i loro idoli (la chitarra su "Home" è presa in prestito da Jorma Kaukonen), abbracciano senza scomporsi lo stile musicale che fu manifesto dell'America Occidentale negli anni '60. Già detto e ridetto. Poche le accelerazioni, nella già citata "Lazy Bones", nella ritmata "Looking Out" o nel riff sporcaccione un po' alla MC5 dell'opener "Black Smoke Rise". Poi come promesso un organetto che in certi casi (nella lunga "Flight" per esempio) riporta alla mente l'uso che ne fecero su "In The Future" i Black Mountain.

Bastano questi toni acidi e l'immateriale cicalìo di sottofondo a saturare i canali audio del mio stereo ed a stonarmi quanto serve. La durata concisa del lavoro (37 minuti), viene incontro a chi non è avvezzo ai ritmi lenti e dilatati dei nostri ed in generale a chi non si abbevera da troppo tempo nelle acque ormai ( e finalmente aggiungo io) sempre meno statiche del neo-pshych. La struttura generale è narcotica come sempre, ma può tramutarsi presto in un boogie ("Lazy Bones") se solo vi lasciate ciondolare un po'. Dimenticavo, conobbi per la prima volta questo combo di Frisco grazie al loro vol.2, raccolta di singoli vari ed E.P. consigliatissima.

Sarà la presenza di quell'organetto freak o il Golden Gate in copertina del disco, sarà per le sembianze fisiche del band-leader Ripley Johnson sempre più simili a un Jerry Garcia dei giorni nostri o per il rimando inevitabile alla scena sixtees californiana che hanno queste sette tracce; sarà per questo e per altro che mi viene da sospirare <<West is the best...>>....Mmh, ma è già stato detto anche questo vero Jim?               

Il parere del commendatore  Bossolazzi:

Unica avvertenza per chi non ama proprio i suoni Fuzz and buzz, statene alla larga. 

Per voi la stagione nuova porterà di certo qualcosa d'altro. Buon per voi. 4 nespole.

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