Certe Foreste non sono visitabili se non con la mente, e la mente non vi può giungere se non con l'ausilio della Musica. In alcune di esse alti abeti svettano sopra una vegetazione già di per sé lussureggiante, nella quale l'uomo non è che un essere di passaggio, nemmeno lontanamente in grado di scalfire i ritmi che la Natura detta. In queste Foreste regna la Desolazione, ma rimangono comunque luogo d'incontro per Agalloch e Alcest: quando l'epicità straziante dei primi si fonda con il romantico lirismo dei secondi la Foresta pare scuotersi, mossa sin fino alle sue radici più profonde da melodie dal sapore arcano e ammaliante, bellissime rose che non possono essere avvicinate, a meno che non si voglia rimanere punti dalle loro spine acuminate. Le Foreste della Desolazione prendono quindi vita e ci raccontano storie di tristezza, sofferenza e disperazione più incontaminata, sempre però con uno strano senso di speranza in sottofondo, quasi come a volerne sottolineare la natura momentanea. La lingua che usano per parlarci è la lingua del cosiddetto post black metal, fatta di dolce lirismo melodico ai limiti dello shoegaze che si appoggia su un'ossatura ritmica fredda e feroce.
E quando il vento si fa più forte e incessante non resta che abbandonarsi a esso, e godercelo, almeno finché le Foreste della Desolazione avranno vita.
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