"Alice" è una commedia del 1990. Protagonista assoluta la sciapa Mia Farrow accompagnata da altri attori più o meno validi come Alec Baldwin (che fa il fantasma), William Hurt (che fa il marito fedifrago) e Joe Mantenga (che fa l'amante).
Diretto e sceneggiato da Woody Allen, il film parla di una donna ricca e annoiata che vive, tra shopping ed pranzi, in modo molto superficiale.
Il regista mette in evidenza il problema emotivo della protagonista, che, seppur presa dai suoi progetti alimentari e cosmetici, è un filo depressa perché si rende conto del vuoto della sua vita.
Sarà l'incontro con un mago cinese a farle aprire gli occhi: attraverso i viaggi di fantasia ed i sogni indotti da erbe rarissime riuscirà a decidere della sua vita e farle prendere una piega (finalmente) diversa.
Allen utilizza la pellicola per parlare di una tendenza sociale che vede la stragrande maggioranza delle persone affidarsi a qualsiasi tipo di vita spirituale, purchè non si tratti di religione. La stessa psicanalisi, lo yoga, l'agopuntura, cibi macrobiotici, essenze esoteriche e santoni: insomma, qualcosa in cui credere. La gente tenta di evadere dalla realtà perché ha una vita spirituale vuota.
Se nel film "Un'altra donna" la protagonista Marion sente delle voci alla parete che determinano il cambiamento della sua vita, in questo c'è un approccio comico: lo stesso tipo di donna arriva a riesaminare la sua vita.
"Alice" è un film sulla libertà, sulla liberazione della donna, ma come dice il mago cinese "libertà è sentimento che spaventa".
Parliamo della Farrow: non credo nel talento di questa attrice, per nulla comica e molto poco espressiva. La commedia è davvero leggera e sgomita tra le trovate oniriche per reggersi comunque a stento. Si parla in modo noioso di una situazione noiosa. Il ritmo è troppo lento e gli attori sono spesso sfumati e impersonali. La conclusione è bizzarra e dozzinale, completamente disallineata al ritmo del film, ma invece di dare una scossa e dipanare la matassa tutto sommato prevedibile, appare frettolosa e stiracchiata. Se la risorsa sta negli attori, non c'è nessuno che brilla per la prova, anche perché non credo che a parte la Farrow, ci siano state possibilità per gli altri.
Nota positiva sono le musiche, che nostalgiche si infilano nei momenti introspettivi come "I Remember You" in versione archeggiata e "Alice Blue Gown" di Glenn Miller, e vanno ad infarcire uno dei più dimenticabili film del prolifico regista newyorkese.
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