Nei suoi migliori film, Woody Allen ha saputo creare una forma di umorismo molto personale, malinconico, riflessivo, sofisticato. La componente comica e quella tragica, drammatica, si sono intrecciate, diventando una l'ombra dell'altra, dando vita a film divertentissimi, ma allo stesso tempo capaci di affrontare tematiche serie: in Io e Annie e Manhattan l'amore e la vita di relazione a New York (un mondo con regole a sé); in Zelig il rapporto di un individuo (debole, comune) con la massa, e quindi, più in generale, la vita di società; in Crimini e misfatti, film in cui più coraggiosamente veniva assunta una materia "alta" (con riferimenti a Dostoevskij e Nietzsche), il superamento della morale tradizionale e l'affermazione dell'io attraverso l'imposizione della propria forza (psicologica, soprattutto, ma anche culturale, economica, sociale).
In questi film (e in molti altri) l'equilibrio raggiunto tra levità superficiale e serietà di fondo era mirabile. Addirittura miracolosa era, in Crimini e misfatti, l'alchimia, la formula perfetta che consentiva al film di percorrere i due binari (grazie a grandi attori come Martin Landau e lo stesso Allen), apparentemente paralleli, ma in realtà convergenti in un punto, quell'indimenticabile finale.
Una lunga premessa d'obbligo, perché per Allen, come è stato detto per Bergman, esiste una fortissima omogeneità di temi e situazioni riscontrabili nell'intera produzione, e i riferimenti intertestuali sono inevitabili. Ma in Sogni e delitti non c'è davvero nulla del miglior Allen, e, duole dirlo, neanche del regista (auto?)limitatosi a vivacchiare (seppur con film sempre dignitosi) nel decennio in corso.
Quell'equilibrio, quel bilanciamento impeccabile, non riesce più: sono cambiati ingredienti e proporzioni. Adesso è il serio, il drammatico, in superficie, appena stemperato da una sottile vena ironica, ammiccante e lievemente compiaciuta (come ad esempio in occasione dell'incontro fortuito e del dialogo tra i due fratelli e la futura vittima). Ma è la costruzione, la progressione drammatica che stenta a decollare, per cui anche l'ironia risulta quasi fuori luogo, in un film che non riesce ad essere né tragico, né comico, né umoristico.
Non disturba, dunque, non trovare qui niente del Woody Allen brillante; dispiace, piuttosto, non trovare un dramma vivo, serio, credibile, all'altezza della delicata tematica assunta (il senso di colpa, l'autodeterminazione della morale). In Sogni e delitti, il rovello intellettuale, il conflitto, la crisi, sono soltanto enunciati, mai realmente rappresentati. Mentre in Crimini e misfatti era Martin Landau ad indossare i panni di Raskol'nikov, con risultati eccellenti, qui c'è Colin Farrell, che, non aiutato peraltro da una sceneggiatura a tratti piuttosto sciatta, non riesce a conferire al suo personaggio (Terry) la profondità e l'"eroismo" necessari. Meglio di lui il fratello Ian (Ewan McGregor), freddo, disinvolto, distaccato, erede del Jonhatan Rhys Meyers di Match Point.
Anche nei confronti del film del 2005, questo Sogni e delitti risulta molto meno interessante. Lì la strategia del parvenir era più complessa, subdola, e non soltanto vagheggiata e indeterminata, come qui, e quindi di fatto estranea allo spettatore. Lo stesso omicidio avveniva, se non a sorpresa, quasi, come un efficace coup de théatre. Certo, anche Match Point era appesantito da un didascalismo un po' pretenzioso, un "filosofeggiare" alla buona, da sempre tentazione alleniana tenuta a freno. Qui, però, quando sentiamo dire da Farrell "... e se Dio esistesse, e..." è un dejà-vu davvero troppo stinto.
A conti fatti, Sogni e delitti non è più un film per fan di quanto non sia un film per chiunque. A parte l'apparato paratestuale, con quell'eterno Windsor bianco su fondo nero, che è sempre un'emozione per l'appassionato; a parte quelle ormai classiche inquadrature negli interni, con un dialogo tra un personaggio visibile e l'altro inizialmente fuori dall'inquadratura in voice off; a parte una scena in particolare, quella della sorprendente richiesta dello zio, durante la quale la camera, di solito poco mobile, disegna una circonferenza attorno ai tre protagonisti, a sottolineare l'unità familiare (come in un'importante scena di Hannah e le sue sorelle); a parte tutto questo, dunque, non c'è molto di veramente alleniano. Lo stesso tema della famiglia, in molti film affrontato seriamente, qui è praticamente solo un pretesto (nessuno penserebbe che il favore richiesto dallo zio ai nipoti venga realmente esaudito per amore familiare).
In conclusione, Sogni e delitti è un film sicuramente molto deludente per un fan, e probabilmente insoddisfacente anche per chi fan non è; speriamo sia solo un lowdown di transizione, che preluda ai prossimi sweets.
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