Contiene spoiler

Sono sempre affascinato dal thriller/noir drammatico di marca alleniana.

Match Point, soprattutto per chi appartiene alla generazione dei millennials, è stato un viatico, un lavoro cardine per la scoperta di uno dei più grandi autori della storia del cinema.

Match Point metteva in scena una storia di passioni, tradimenti e delitti in pieno stile noir, ma al centro del suo discorso filosofico c'era la tematica fondamentale del caso, della fortuna, dell'ingiustizia o, se vogliamo, della democrazia del caos. Le riflessioni morali, che chiamano ciclicamente in causa Dostoevskij, si fermavano tuttavia dinnanzi al primato della casualità, alla sua cinica e crudele neutralità.

Una pallina dentro o fuori, al di là o al di qua in un servizio di tennis, un anello al di là o al di qua del Tamigi fa tutta la differenza del mondo.

Allen, che è noto soprattutto per la comicità caustica, talvolta cinica ma sempre geniale delle sue commedie, ha però più volte affrontato il genere drammatico o il noir.

Match Point non era infatti il suo primo film a indagare il lato più oscuro dell'uomo, la sua malvagità dettata da pulsioni, avidità e status sociale. Né il migliore. Se il film con Scarlett Johansson è stato importante per far scoprire Allen a molti di una generazione, il capolavoro indiscusso e irraggiungibile all'interno del ramo drammatico della sua filmografia è senz'altro Crimini e misfatti, film che portava alle estreme conseguenze la cupa e disincantata visione della vita e dell'umanità dell'autore newyorkese. Con una ineguagliabile amarezza di fondo dinnanzi all'ingiustizia e alla meschinità, in un mondo in cui, da sempre, prevale la legge del più forte e la Storia è scritta dal vincitore. E non è possibile un lieto fine, come se si fosse in un film di Hollywood.

Ora, con Coup de chance, suo cinquantesimo film (nientemeno), è come se chiudesse un cerchio. E si chiudesse proprio in Europa, dove Allen ha trovato un rifugio artistico soprattutto negli ultimi anni, a seguito dell'esilio dal cinema americano. L'aria europea, ad ogni modo, ha (quasi) sempre fatto bene a Woody.

Coup de Chance chiude però con un finale molto diverso rispetto a quello nero e senza speranza dei due film sopracitati, perché il caso, stavolta, compie il percorso inverso e, proprio per merito della sua sopracitata, assoluta neutralità, porta ora ad una conclusione di giustizia. Spietata e non ortodossa, magari, assolutamente beffarda, ma comunque giustizia. Con in dote quell'ironia così disprezzata e rifiutata da colui - Jean - che infine la subisce.

Ovviamente, sappiamo tutti come guardare un film di Allen aspettandosi riflessioni nuove non abbia senso. Piuttosto, è sempre però bello scoprire la variazione sul tema, ed è un eterno piacere per gli occhi e la mente guardare un film firmato Allen e filmato da Vittorio Storaro. In cui la violenza resta, come quasi sempre (pensiamo a quello che rimane il capolavoro dell'ultimo Allen, La ruota delle meraviglie), fuori campo, suggerita e velata, e per questo se possibile ancora più dolorosa perché privata di quel senso di liberazione che offre la rappresentazione esplicita. Non c'è catarsi quando il Male è lontano dagli occhi e, così, dal cuore.

A essere mostrata, invece, è la bellezza dei parchi e dell'autunno della capitale francese; la luce di Storaro abbaglia ancora una volta, coprendo lo spettatore di meraviglia e calore. Come per effetto di un forte abbraccio.

L'inizio del film riporta alla mente il primo incontro tra i protagonisti di Martha di Fassbinder, con il celebre carrello circolare che avvolgeva i due in una comune spirale, con esiti ovviamente molto diversi da quelli dei due personaggi alleniani. Ma la suggestione è forte e non lascia indifferenti.

Resta, infine, come la fortuna di uno sia anche la disgrazia di un altro, e viceversa. Ed è spaventoso pensare a quanto grande sia la sovranità del caso, che determina sempre e comunque il destino di ognuno di noi fin dal concepimento. L'universo stesso fu generato probabilmente dal caso. Ma, come emblematicamente e saggiamente ci viene detto proprio in chiusura, meglio non approfondire.

Pur senza il senso del tragico di Match Point e l'immensa profondità, data anche da riflessioni religiose, storiche e culturali, di Crimini e misfatti, Coup de Chance è un gran film e se dovesse essere l'ultimo di Woody Allen, come da egli stesso paventato, sarà certamente una chiusura degna e ineccepibile. Ma vedremo. L'ultima parola, d'altronde, è solo quella del mietitore e della sua danza macabra.

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