Ho dovuto interrompere quello che stavo facendo per recensire questo disco: è assolutamente fulminante e quel di cui mi pento maggiormente e di averlo tenuto lì senza degnarlo di un ascolto per circa otto mesi…
Come dire, per rendervi l’idea di cosa mi accingo a recensire potrei iniziare dicendovi che i Cryptopsy hanno trovato dei rivali per la tecnica e i Disgorge americani per l’estremismo; non è un’iperbole, ve l’assicuro, è la pura verità. Questi cinque tizi vengono da una terra che di certo non è tra le più ricche in ambito di Brutal Death metal, ovvero la Spagna: per carità qualche complesso estremo c’è (Machetazo, Impure, Avulsed, Visceral Damage) ma non si distinguono in alcun modo da tutti gli altri che popolano questo pianeta (si, avete capito bene, il Brutal Death esiste anche su altri pianeti).
I Wormed invece si dimostrano in grado di mettere in discussione anche le realtà più solide ed affermate tanto del vecchio quanto del nuovo continente. Come avrete capito la proposta è decisamente una delle più integraliste in circolazione, e non azzarderei se la definissi la più estrema che mi sia mai capitata alle orecchie; non è consueto che un complesso mi sorprenda per il senso di distruzione che riesce a creare, ma nonostante sia avvezzo a questo tipo di sonorità, sono egualmente rimasto sbalordito.
La violenza non è funzione di qualche scontatissimo quadretto Splatter, ma riesce a permeare tutto ciò che ci circonda annerendo nel giro di pochi minuti cose, pensieri e sentimenti. Preferirei però entrare nei particolari e andare oltre il lato strettamente sensoriale ed emotivo. Quello che maggiormente salta all’orecchio è come questi ragazzi abbiano saputo interpolare una proposta tanto estrema con un tentativo di guardare avanti ed evolvere gli abusati stilemi del genere: non a caso i gruppi che ho citato sono Cryptopsy (indiscutibilmente tra i più progressisti) e Disgorge americani (altrettanto indiscutibilmente tra i più martellanti e duri).
La tecnica raggiunge livelli che per una band esordiente (“Planisphaerium” è il loro primo album se si esclude una Demo) sono assolutamente inconcepibili e riesce ad eguagliare quella di mostri sacri del genere come quelli sopraccitati. Sconcertante come il quintetto iberico riesca ad eseguire pezzi dalla inaudita difficoltà, ricchissimi di “stop and go” e altre insidie variegate.
Come sempre è la sezione ritmica a rappresentare il nucleo del gruppo; il batterista è quanto di meglio si possa trovare sulla piazza e riesce a creare una trama assolutamente impenetrabile e ricchissima di fulmini a ciel sereno. Non bastano delle velocità pazzesche, il nostro decide di eseguire praticamente tutti i ritmi in controtempo rispetto agli altri strumenti senza per questo risparmiarci tempi dispari praticamente continui (vi ricordate quelli dei Meshuggah? Ecco, qualcosa di simile ma infinitamente più veloci).
I blast beat, per quanto onnipresenti, sono stravolti e la loro funzione è completamente forgiata di nuovo; non servono più ad accelerare e a costituire il substrato delle song, sono una parte della canzone che merita attenzione quanto il riffing. Le invenzioni del drummer sembrano non avere fine e non tralasciano rallentamenti funerei sempre rigorosamente fuori tempo.
Ma le squisitezze non terminano qui; il riffing, infatti, è ai vertici della categoria per complicatezza e pesantezza. Evidentissime qui le influenze dei Cryptopsy, sia del primo (più cupo) quanto dell’ultimo periodo (più avanguardista), che si fanno sentire anche nei raffinati intermezzi e stacchi acustici, decisamente vicini al Jazz ed inseriti senza troppi complimenti nel bel mezzo della devastazione sonora. Le partiture si intrecciano in maniera distorta ed innaturale pur riuscendo a dar vita ad un concetto organico pieno di estroflessioni in ogni direzione; da un filo conduttore si passa ad un altro, in un continuo alternarsi tra riff che provocano scariche di adrenalina e sembrano voler spiccare il volo ad altri che fanno violentemente e nuovamente precipitare il tutto nelle anse di un nulla costrittore.
Eccezionale anche la prova del bassista, che grazie alla sua stoffa, riesce a spiccare sugli altri nei momenti più caotici e ad esibirsi in virtuosismi strabilianti con stacchi e slap (una tecnica anche usata nel Jazz). Infine il cantante; che dire, sulle prime ero rimasto parecchio insoddisfatto del suo lavoro in quanto ho elementi necessari per credere che faccia uso di un distorsore, ma in seguito mi sono reso conto che era l’unico cantato possibile da inserire in un contesto simile. Il suo è un growling veramente molto più basso della media, come già detto frutto di modifiche elettroniche (che per fortuna non lo rendono fastidioso, come spesso capita), che mai si lascia andare a scream in modo da non alleggerire il sound: effettivamente utilizzare una voce non filtrata, tipica del Death dei primi anni novanta, sarebbe stato un vistoso anacronismo che avrebbe cozzato decisamente con la musica suonata.
Perfetta la produzione, capace di evidenziare tutti suoni senza andare a colpire l’atmosfera soffocante del cd; “Planisphaerium” ha infatti l’ulteriore pregio di distaccarsi da quella lunga lista di album tecnici completamente privi di mood. Nonostante le otto canzoni siano curate in maniera dettagliata e constino di numerosi nodi e snodi mentalmente impegnativi, le emozioni non sono messe in secondo piano, anzi, proprio in ogni “arabesco” di queste song viene messa in musica l’apocalisse e un sinistro senso di morte.
E il senso di panico non può che aumentare nel leggere che i titoli dei pezzi non riguardano in alcun modo queste cose, nell’escludere cioè che si tratti solo dell’ennesima goliardata di un gruppo Brutal Death. Credo di essere stato ancora ingiusto riguardo il valore di questo “Planisphaerium”; cd eccezionale, che colloco senza ombra di dubbio al di sopra di tutte le pietre miliari del genere (compresi i vari cd dei Death, Cryptopsy e Suffocation) se non per perizia e songwriting, di certo per ciò che significa un disco del genere nel 2006 (anzi nel 2005, anno di pubblicazione). Chi credeva che il Brutal Death non avesse più nulla da dire avrà ragione di ricredersi ascoltando come i Wormed siano riusciti a dimostrare il contrario.
L’unica raccomandazione che posso fare va dritta a coloro che si aspettano un prodotto radicale ma non così tanto; se non siete pronti a fronteggiare il vero nichilismo o se non avete i Deeds Of Flesh come suoneria del cellulare, saltatelo a piè pari…
Carico i commenti... con calma