Il cantore distorto del cristianesimo, l'indiano del dark country, lo sciamano del folk desertico, il compositore sempre più abrasivo di un gothic western personalissimo e straniante. Due anni di intervallo dallo splendido "The Laughing Stalk" ed ecco il ritorno di David Eugene Edwards, già leader dei 16 Horsepower.

Nel suo richiamo alle distese desertiche di un'America tra il religioso e il lisergico, DEE ci aveva abituati a opere in bilico tra il folk della sua precendente band, un country di matrice personale e un'atmosfera dark, quasi "gotica", in un connubio continuo di questi elementi. I suoi sono sempre stati dischi multiformi, ma ben inscritti in un "creato" musicale dai tratti comunque definibili. L'ultimo "Refractory Obdurate" (aprile 2014) è un disco "diverso" rispetto a ciò a cui ci aveva abituati Edwards. Ormai conscio di una maturità compositiva fuori dal comune, molti si aspettavano un disco profondamente intimista, più richiuso su se stesso, ma DEE ha invece dato alla luce la fatica più viscerale, potente e "metallica" della carriera. Le inflessioni punk/rock di "Good Shepherd", l'assalto sonoro di "Field of Hedon", le rimembranze quasi sabbathiane di "Hiss" ("Children of the grave"). Mai il caro David ci aveva abituati a cotanta sferzata chitarristica nella sua passata esperienza.

La costruzione sonora del progetto Woven Hand è quasi sempre stata affidata ad una molteplicità di elementi e alla creazione di un'atmosfera "dilatata" dai tratti cangianti. C'era magniloquenza espressiva e compositiva nelle passate evocazioni musicali: ora troviamo una messa all'angolo della moltitudine di sfumature in favore di un songwriting più scarno e "ridotto all'osso". Una litania più diretta e brutale, ma quando DEE ritorna sui suoi vecchi passi sforna forse il miglior pezzo del disco, quella "Obdurate Obscura" che è epicità ancestrale allo stato puro. "Salome" è invece la song che più delle altre unisce le due distinte anime di "Refractory Obdurate", quella più rock oriented (nella splendida apertura finale) e quella più old style e folk/country dell'incipit. Ave a te Edwards.

"Refractory Obdurate" non ha la forza evocativa e declamatoria di diversi lavori passati. Se proprio si vuole confrontarlo, perderebbe con il precedente "The Laughing Stalk" ma risulta complicato confrontare RO, in quanto capitolo anomalo nella discografia degli Woven Hand. Eppure è un lavoro che ci riconferma, questa volta in modo nuovo, un autore/compositore/musicista tra i più ispirati e non-classificabili degli ultimi anni.

Tre stelle e mezzo (e voto per avere la mezza stella su Debaser).

1. "Corsicana Clip" (4:47)
2. "Masonic Youth" (3:39)
3. "The Refractory" (4:53)
4. "Good Shepherd" (4:00)
5. "Salome" (5:19)
6. "King David" (4:46)
7. "Field Of Hedon" (3:32)
8. "Obdurate Obscura" (5:20)
9. "Hiss" (3:53)
10. "El-Bow" (2:41)

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