E ad un certo punto l'Oscurità ci circonderà... tutti. 

Forse basterebbero queste poche e semplici parole a decifrare il messaggio del il quintetto scozzese. Ma perché non spingersi dentro il IX girone dell'Inferno....? Writing On The Wall (nome preso direttamente dal Libro Di Daniele dall'Antico Testamento, e la "scitta sul muro" è quella che profetizza la distruzione di Babele...) sono depositari di un tetro hard-prog-psych-blues, anche se il gruppo dei fratelli Scott e del vocalist Linnie Patterson non arrivò mai a varcare i confini di un modesto successo in patria. Ebbero la (s)fortuna di realizzare un unico lavoro, sulla scia di molti gruppi che si spinsero in questi territori nell'anno più oscuro dei sixties... il 1969.

Gruppi come Sam Gopal, Andromeda, Arcadium si bruciarono nell'arco di tempo di un long playing, fotografando in maniera perfettamente sublime la china nera che la musica popolare stava prendendo. Costruzioni ritmiche tipicamente prog si snodano attraverso territori infestati di oscure presenze, dove le tastiere demoniache dialogano a perfezione con i brutali fuzz delle chitarre e la voce è un sublime compendio di teatralità; angoscia, paura e lucida follia trasudano dai solchi di questa dimenticata perla nera. Non ci sono concessioni a melodie di sorta, ma tutto è un acquitrino malsano, una palude sovrastata dalla nebbia, dove anche solo l'umidità diventa un terribile nemico da combattere. Eccezionale esempio è la conclusiva "Aries", poco più di otto minuti in cui i cinque triturano tutto il triturable, una lunga suite blues che sconfina in territori jazz (forse è questo il prog...?), prendendo i Traffic  e mandandoli direttamente al cospetto del Diavolo... "Do You believe in God?" ripete inquietante Patterson... o l'iniziale "Bogeyman", dove l'uomo nero si materializza davanti i nostri occhi e penetra attraverso le nostre orecchie in un hyper-blues malato, una sorta di mostro multiforme nato da un stregoneria che ha costretto in un unico corpo i Doors, Arthur Brown e il suo Pazzo Mondo e i Deep Purple di Mark I. Le profezie peggiori ci vengono regalate da "Shadow Of Man"... una sorta di "Homburg" dei Procol Harum vista con gli occhi di Edgar Allan Poe e messa in scena dal più cupo Alfred Hitchcock. "Ladybird" è la perfetta fusione del prog letterato dei King Crimson del Re Cremisi e la psichedelia fiabesca dei Gong della Teiera Volante, mentre l'hard-blues di "Virginia Water" chiarisce definitivamente da che seme malato vide la luce l'heavy metal.

Nel frattempo l'Oscurità ci ha circondato, ma nella nostra Babele di luci accecanti, continuiamo a ballare e cantare....

Carico i commenti...  con calma