Stolto è chi crede che i giapponesi non sappiano produrre musica decente: se si dà anche solo un'occhiata alla discografia essenziale del j-rock, ci si rende presto conto di come i nostri compari del Sol Levante diano spesso tantissimo filo da torcere ai blasonati gruppi occidentali, sia dal punto di vista compositivo che esecutivo. E se c'è un gruppo ineludibile per chiunque voglia avvicinarsi a questo mondo, credo proprio che si tratti degli X Japan. Nata nell'ormai distante '82, questa band è stata una delle capostipiti, nonchè la principale sviluppatrice del cosiddetto visual key, genere affine al pop-rock in cui viene pesantemente enfatizzato il lato visivo e la presenza scenica dei gruppi, fino a livelli parossistici, a volte purtroppo a discapito del valore musicale. Tranquilli, in questo caso la musica c'è, eccome.

Fin da un primo, fugace ascolto risaltano le notevoli capacità dei singoli componenti, in primis quelle di Yoshiki Hayashi, batterista eccezionale, nonchè bravo tastierista e principale compositore della band, senza ovviamente tralasciare il compianto chitarrista Hideto Matsumoto (in arte hide), tragicamente scomparso nel '98. Unico elemento sul quale è lecito avere dei dubbi è il cantante Toshimutsu Deyama, dotato di una scarsa estensione vocale, da cui consegue una qualità altalenante delle sue prestazioni - ma ci si abitua presto a questo particolare. I brani degli X si dividono principalmente in tre tipologie: si va da pezzi veloci e tiratissimi in pieno stile speed-power (emblematica è Jealousy, dall'album Silent Jealousy), altri invece sfoggiano un'abito hard-rock vibrante e melodico, molto vicini allo stile di gruppi americani come i Kiss, per poi finire con maestose ballate sinfoniche.

DAHLIA, l'album qui recensito, fu pubblicato nel '96, e si tratta dell'epitaffio della formazione prima di un lungo periodo di scoglimento, a causa della volontà del cantante Toshi di intraprendere una carriera solistica, ma soprattutto per la morte di hide due anni dopo, avvenuta in circostanze poco chiare. Nonostante questo, il disco è probabilmente il più bello della discografia del gruppo, che sfoggia grande maturità artistica e una solida padronanza di mezzi. Particolare che segna una differenziazione tra Dhalia e gli altri lavori degli X, è una presenza massiccia delle succitate, malinconiche ballate, che quasi prendono il sopravvento sugli altri brani. Gli elementi tipici della musica del gruppo sono comunque mantenuti: la title-track, SCARS, Rusty Nail e WRIGGLE sono lì a dimostrarlo, brani energici ed incalzanti che coniugano alla perfezione melodia, potenza e classe. Anche i brani orchestrali però brillano di una luce intensissima: la delicata CRUCIFY MY LOVE, la più sofferta Longing e l'emozionante capolavoro Tears rappresentano l'apice del percorso artistico di un gruppo che ha avuto il merito di forgiare un genere che poi verrà ripreso da tantissimi altri artisti, ma tuttora inarrivato per intensità e bellezza. Degna di nota è anche la conclusiva Forever Love, brano un po' penalizzato dalla presenza preponderante della voce di Toshi, ma che a conti fatti si conferma come un altra perla, eseguita anche al funerale del mai dimenticato hide.

Un album a dir poco perfetto, che sigilla l'avventura in studio del gruppo che probabilmente, nella fattispecie della musica giapponese contemporanea, è stato il più grande di sempre. Con la speranza di rivederli un giorno con un nuovo album, e nuove emozioni.

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