Un album coi fiocchi, carico di canzoni memorabili, che si stampano in testa senza tanti problemi e non si perdono in inutili orpelli decorativi, efficace per accompagnare la spensieratezza delle giornate estive nel nome dell'heavy metal più originale. E chi se lo sarebbe mai aspettato dagli Xandria, da sempre noti come peggior clone di band quali Nightwish, Within Temptation ed Evanescence, con un passato non proprio felice alle spalle e tre album cestinabili per il loro scarsissimo valore (che nonostante tutto hanno riscosso grande successo nelle charts germaniche)? Nessuno nutriva più la benché minima speranza, ma loro, in un periodo di totale sovrabbondanza di gruppi metal "al femminile" veramente ispirati, sono riusciti a ritagliarsi uno spazio proprio, superando la prova del 9 e potenzialmente ponendosi sullo stesso piano commerciale dei colleghi sopraccitati.

"Salomé - The seventh veil" tutto sembra fuorché un album studiato a tavolino (come lo erano i suoi predecessori): alcune influenze sono ancora palesi, ma il combo teutonico ha in parte rivoluzionato il proprio sound per donare ai propri fan (e non solo) qualcosa di appetibile e finalmente personale. Che il segreto di questa inaspettata insurrezione stia nella produzione, finalmente tornata in seno alla band stessa, e per la precisione nelle mani del chitarrista Marco Heubam? I sospetti diventano sempre più una convinzione: subito dopo essere stati accolti dalla malinconica opener "Save my life", imbottita di nordico spleen ed in linea con le attuali produzioni gothic al femminile, veniamo assaliti dalla carica heavy di "Vampire", che, a prescindere dalle tematiche oscure, si rivela primo anthem del disco, impreziosito per l'occasione da robusti riff e da un trascinante guitar solo. E se "Beware" ci riporta ai tempi dell'esordio ("Kill the sun", 2003) con la sua caratura rock e la spensieratezza che incessantemente riversa nell'etere, "Emotional man" si imperla di sinfonica maestria, intarsiata nella consueta ed estasiante performance vocale di una notevolmente migliorata Lisa Middelhauve, colei che è in grado di infondere una piacevole vena di perdizione ai vari brani in scaletta.

La titletrack si configura già da subito come primo vero e proprio capolavoro in casa Xandria; la danza dei sette veli è introdotta da liquide linee di basso e seducenti arpeggi di chitarra e si snoda per oltre sei minuti attraverso i suoi malinconici refrain e le partiture orchestrali da brivido della Babelsberg Film Orchestra, intrise di magia orientale, passando per un bellissimo e dilungato assolo. Cotanto incanto cede direttamente il passo all'immediatezza scandinava di "Only for the stars in your eyes", la quale vede la partecipazione del cantante degli Entwine Mika Tauriainen, mentre la successiva "Firestorm" si guadagna sapientemente il secondo posto sul podio dei pezzi più belli del platter, condensando in poco meno di cinque minuti tutte le caratteristiche del sound della band. Troviamo infatti gli stessi riff corposi e trascinanti, la voce suadente di Lisa ed arabeschi sinfonici di tutto rispetto, nonché un passaggio strumentale degno dei migliori After Forever, spezzato all'improvviso dall'ingresso di un malvagio growl. "A new age" gioca nuovamente a mischiare dolcezza e perversione, adagiandosi su bellissime note di pianoforte e sulla stemperata aggressività della chitarra, la quale nel bridge cede il campo a mistici spoken verses che lanciano nuovamente il brano in un vellutato refrain. Come di consueto, trova spazio anche una ballad pianistica ("The wind and the ocean"), in questo caso dedicata alla magia racchiusa nel vento e nel mare e miracolosamente toccante nonostante sia stata infarcita di cliché, mentre "Sisters of the light" maneggia con estrema disinvoltura cadenze arabeggianti, mischiandole alla vena rock delle chitarre per costruire l'ennesimo brano anthem. Ormai la classe fino a poco tempo fa assente nella musica degli Xandria si è palesata in tutta la sua ammaliante eleganza; non resta dunque che lasciarsi trascinare da questo impetuoso ed affascinante ballo, come rapiti da un incantesimo.

Sono piuttosto canoniche, purtroppo, le due tracce poste in chiusura ("Sleeping dogs lie" e "On my way"), ma, in qualità di primo grande disco pubblicato dai nostri, "Salomé" non mancherà di stupire e far ricredere tutti coloro che in passato avevano (giustamente) denigrato il five-piece teutonico, ma anche di conquistare nuovi adepti, i quali saranno sedotti con classe da questa poliedrica danza orientale intrisa di passione, misticismo, mistero e perversione.

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