Sarebbe bene chiarire che questo non è il primo album di Xasthur, bensì un rimaneggiamento postumo di un demo, questo si, praticamente il primo, risalente al 2001. La versione su CD che possiedo risale infatti al 2004 e contiene nello scarnissimo booklet una nota dello stesso Malefic che afferma di aver modificato la maggior parte dei brani rimuovendo molte parti vocali e cambiando qualcos'altra cosa qua e là.

In questo disco, quasi un bootleg ufficiale, possiamo trovare le versioni primordiali di alcune canzoni che appariranno nei dischi successivi, insieme ad altri brani e cover mai più visti e sentiti in seguito.

Il progetto Xasthur, per chi non lo sapesse, rappresenta qualcosa che definire Black Metal è riduttivo. Anche la definizione di Depressive/Suicidal Black Metal sta un pò stretta alla musica di Malefic, infatti l'originalità della sua proposta musicale spicca nel panorama depressivo attuale e passato. Si potrebbe dire che Xasthur rappresenta il superamento del Black Metal in senso atmosferico e ambientale, dilatando, filtrando e allontanando dall'ascoltatore i suoni tipici del genere, pur rimanendo a rigore nel genere stesso. La proposta musicale, per descriverla a parole, rappresenta un miscuglio di riffs del primo Burzum, una drum machine minimale, loop di tastiera e screaming acidi filtratissimi. Il tutto non in primo piano ma in secondo, terzo e quarto piano, variando a seconda del suono a cui l'ascoltatore soggettivamente, emotivamente e momentaneamente, fa più caso. Questo è Xasthur e in questa raccolta, "A Gate Through Bloodstained Mirrors", se ne colgono gli aspetti fondamentali.

Va detto che la pressoché totale mancanza di vocals in questa raccolta e l'inesistenza di una forma-canzone riconoscibile e standard conferiscono al tutto una sorta di omogeneità di solito inusuale in una raccolta, al punto tale che i settantasette minuti del CD scorrono proprio come se fosse un disco, lasciando all'ascoltatore un senso di nostalgia pensante, dolorosa ma dignitosa. Infatti la musica qui proposta, qui ed in seguito, negli altri innumerevoli lavori che compongono la carriera musicale di Malefic, ha un che di maestoso, di grandioso. Non è affatto una musica claustrofobica, malata o negativa. Al contrario è una musica pomposa e maestosa, ma che rende tristi e disperati in quanto minimale e decadente. Una musica al tempo stesso molto incline al soggettivismo e in cui lo stato d'animo dell'ascoltatore gioca un ruolo fondamentale. Ovviamente questo non è il tipo di CD da mettere su mentre vi preparate per uscire con la ragazza, quanto piuttosto da ascoltare in momenti di riflessività e di cordoglio interiore, generando sensazioni uniche. Tanto, quando si sta giù per un qualunque motivo un CD di latinoamericana non aiuta di certo a risollevarsi, anzi. Il sottoscritto è del parere che la musica non cambia gli stati d'animo ma è solo in grado di generare sensazioni e emozioni; quindi essa può risultare inutile e anzi fastidiosa quando lo stato d'animo non è quello adatto.

Spesso questo tipo di musica quando esce dal suo ambiente ed entra in contatto con coloro che sono al di fuori della "nicchia", suscita sentimenti contrastanti, quali repulsione, compassione, ilarità, specialmente qui su DeBaser. Ciò è oltremodo comprensibile, tuttavia non vedo perché questo tipo di musica e i loro ascoltatori, che spesso sono persone normalissime con una vita normalissima, non debbano essere rispettati nei loro gusti e nelle loro scelte musicali.
La nostalgia, il ricordo, la tristezza e la disperazione sono stati messi in musica e in poesia fin da quando l'umanità ha iniziato a raccogliersi intorno al fuoco e a guardare le stelle, non c'è bisogno di essere antropologi per saperlo e capirlo. La musica di Xasthur e di quelli come lui che fanno della ricerca della disperazione in musica il loro mestiere, rappresentano quindi la versione post-moderna, nichilista, se vogliamo anche infantilistica e semplicistica di queste pulsioni antichissime dell'Uomo. Ed è proprio in quanto tali che vanno apprezzati e rispettati, nel loro contesto e nulla più.

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