In principio erano Moritz von Oswald e Mark Ernestus: nasce l'universo Basic Channel, nasce una delle storie più affascinanti della musica elettronica tutta, un fenomeno fortissimamente radicato in territori underground, un movimento per pochi. Qualcuno la chiama Dub Techno. Dub per tecniche compositive e quella venerazione mai troppo nascosta dell'eco a nastro. Techno per cassa dritta, ossessione e armamentario analogico; minimizziamo ma in realtà c'è di più, molto di più: c'è che è musica più per menti e anime che corpi, c'è che è un mezzo di trasporto per mondi mai visti e sensazioni mai provate prima.
Questo ed altro contribuirà a creare l'alone di leggenda di cui i due sono rivestiti ancora oggi. Maurizio, Quadrant, Cyrus, Basic Channel.. gli pseudonimi cambiano ma la filosofia no, si tratta di un'operato avanti di almeno vent'anni (1993), la cui qualità, impatto storico e infine innovazione non è mai in discussione. Il fatto che soprattutto le uscite a nome Maurizio abbiamo raggiunto questo status di culto, che ha pochi eguali nel mondo della techno - se non guardando a Detroit - lo testimonia benissimo. Il fatto stesso di accostare questo mondo alla sacra Detroit idem. Il fenomeno si amplia e allora via con l'etichetta aperta a terzi artisti, ammaliati da questa magnifica arte e desiderosi anch'essi di contribuire al suo sviluppo. Dall'omonima Basic Channel nasce così Chain Reaction, due paradisi dove oltre a tutto ciò (qualità, sperimentazione, innovazione) è possibile trovare alcune delle più rarefatte e spettacolari uscite che la storia ricordi, autentici viaggi elettronici.
Porter Ricks, Fluxion, Substance, Vainqueur, Monolake, Vladislav Delay, Gas, Pole, Rod Modell i primi a seguirli, chi sposando a pieno la causa, chi soltanto temporaneamente, chi sperimentando, chi seguendo la scia. Da quest'ultimo, Modell, nasce poi un'altro universo, continuativo più che parallelo: Deepchord prima, echospace poi (quest'ultimo a quattro con mani con un altro asso del dub, Steven 'Intrusion' Hitchell). Anche qui la qualità non è mai in discussione, e l'unica cosa che si puo criticare è forse l'ostinarsi a proseguire la storia dei Basic Channel dopo ormai diciotto anni, laddove quest'ultimi, soprattutto Moritz, hanno proseguito guardando altrove, senza comunque mai perdere le radici (ugualmente di successo è ad esempio il progetto Rhythm & Sound, 100 % dub). I risultati sono comunque stupefacenti, i dischi non moltissimi ma tutti di elevata qualità. L'approccio differente, più minimale, più dedito all'ambient che alla techno, da comunque al progetto echospace una propria delineata personalità, e quindi la questione diviene alla lunga irrilevante. Rispetto assoluto e lunga vita a Rod Modell. Ma chi invece sta portando la cosiddetta dub-techno, riscrivendo quindi la suddetta storia dei Basic Channel, su terzi territori mai esplorati prima ha un nome e cognome ben preciso:' Aðalsteinn Guðmundsson, meglio noto come Yagya.
Questo ragazzo venuto dalla sperduta Islanda, con alle spalle un paio di 12'' non fortunatissimi, pubblica due dischi clamorosi che lo portano nell'olimpo del filone, "Rhythm Of Snow" e "Will I Dream During The Process?", il primo in particolare su livelli esagerati. La matrice è sempre Basic Channel, le casse filtrate, i pulsanti bassi dub, gli echi spaziali e il tipico suono 'subacqueo' sono i medesimi, ma Yagya porta tale matrice, progressivamente, disco dopo disco, in una nuova dimensione. Meno sperimentale e più ambientale. Meno ipnotica, più eterea. Meno glaciale e più calda. Meno dark, più rilucente. Ascoltare i suoi dischi equivale un pò a fluttuare per il cielo, tra le nuvole, volare in uno spazio non ben precisato, la quale comunque non ti distaccheresti mai e poi mai. E' il suono rarefatto per eccellenza.
Questo modo di concepire la Dub Techno viene concretizzato del tutto sul terzo, magnico, album "Rigning", che esce su un'etichetta multicolore e purtroppo col braccino (la Sending Orbs di Kettel & co.) che si sta distinguendo proprio per il particolare approccio all'elettronica, la genuina dolcezza melodica e la bellezza a livello di arrangiamenti che il selettivo catalogo sta offrendo (il SO 002 targato Secede è voce enciclopediaca in tal senso). Questo disco non poteva avere etichetta migliore. Assolutamente. Si tratta di un'opera di una bellezza inenarrabile e dalla delicatezza toccabile con mano, che agli stilemi cerebral-ipnotici dei Basic Channel aggiunge una parte melodica curata, emotiva, eterea, di un altro mondo. Rimane probabilmente fuori luogo limitarla a questo genere, parliamo infatti di un disco di rottura e innovativo, il più innovativo dai tempi degli stessi originatori, un disco che si snoda attraverso dieci brani l'uno più bello dell'altro, brani che sembrano lontanissimi, mai chiari, annebbiati, segnali di un mondo distante e a noi sconosciuto, meno incerto di quello alieno da cui comunicavano i due assi tedeschi, più accogliente, paradisiaco semplicemente. La pace dei sensi.
La parola che da il titolo al lavoro è la traduzione islandese di pioggia, e questa è un elemento onnipresente in tutti i brani; se infatti Moritz & Mark hanno innovato, tra le altre cose, con l'uso costante di rumore bianco a volumi molto bassi sul background delle tracce, che contribuivano a renderle ancor più disorientanti, Yagya ad essi preferisce proprio il suono naturale e cristallino della pioggia, ora tenue e leggerina, ora più consistente e minacciosa, a seguire una sorta di 'percorso' perfettamente in linea con il colore degli arrangiamenti cinematici cucitigli addosso, con tanto di quiete-dopo-la-pioggia sul finale. Si tratta comunque di una pioggia in una giornata primaverile, una pioggia che arriva dopo vent'anni di nuvoloni, mai del tutto 'esplosi': i nuvoloni del genere più profondo e vaporoso che la storia ricordi. Un genere spesso malvisto per una certa ripetitività nell'approccio stilistico, ma che comunque rarissimamente puo essere toccato dal lato della qualità, della cura, o più semplicemente della magniloquenza che esso offre. Il nuovo Yagya non è che l'ennesimo step in questa ormai solida realtà, sempre meno elite-aria, sempre più un passo più che fondamentale nel gran libro dell'elettronica.
Il resto è già storia: dolci note di piano tutt'altro che definite appaiono di tanto in tanto, field recordings del tipo barattoli che rotolano o uccelli o tuoni, alcuni impercettibili glitch organici che ricordano il miglior Gas ma con un piglio che riporta più a certa musique concrète (Luc Ferrari su tutti). Le casse sono letteralmente sotterrate in muri di pad e riverberi, praticamente impercettibili, seguendo un'estetica più shoegaze che dub-techno, ai tappeti di pad vengono invece spesso preferiti cori sintetizzati dai connotati eterei o talvolta neoclassici, come quelli che popolavano il disco precedente; i bassi sono più che mai pronunciati pur nel loro 'nascondersi', le melodie semplicemente tra le più calde, ispirate e toccanti mai sentite. Inutile dilungarsi troppo, questo è un disco che va vissuto, e la sola "Rigning Tíu", probabilmente uno dei massimi capolavori della musica negli ultimi dieci anni, basterebbe a far ricredere anche il più scettico degli scettici.
Non c'è dubbio, è lui l'erede di Basic Channel.
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