Ero titubante assai quando cominciarono a circolare le voci di un nuovo album degli Yakuza a distanza di un annetto da Samsara. Le operazioni di questo tipo, parlando per esperienze di ascoltatore "scottato", sono sempre sembrate uscite dalle session dell'album precedente, con quel senso di Deja-vu davvero marcato che non lasciava scampo a stroncature varie.
Il Quartetto Chicagoano invece stupisce per aver ridotto all'osso e allo stesso tempo valorizzato le parti più violente e lasciato che quello Jazzoso/dilatato prendesse nettamente il sopravvento per una maturità stilistica che piace; come con "Egocide", pezzo gustato anche in anteprima all'uscita del disco, che se all'inizio sembra una variazione sul tema di "Glory Hole", traccia del precedente lavoro, prosegue tessendo intrecci tra chitarra e sax inusitati e interessantissimi. Ottima anche "Perception Management", dove al tenue assolo iniziale si aggiungono via via tutti gli altri elementi per avere un finale marziale e spasmodico. Oltre all'appena citata song cè da dire che l'intero trittico finale è un'unica vena originale: "Black Market Liver" divide con partiture di un certo death concitato, il fantastico arpeggio col sax e la vena psichedelica. Anche "Zombie", dall'incedere ovattato ma con pulsioni violente, ondeggia col suo particolare moto, prima con tenue intensità e poi con un violento "cozzare", verso lidi di sperimentazione originali e godibili.
E il resto? Beh sapientemente i Nostri hanno concentrato perle di violenze in tracce che alternano quelle più sperimentali e che non durano oltre i tre minuti e mezzo circa. Da segnalare certamente "Congestive Art Failure", dal finale incantato dato dalla chitarra eterea, e la schizofrenica "Praying for Asteroids", con echi di Brutal e un infinità di cambi di ritmo, rumori e altre amenità tutte concentrate in poco meno di tre minuti tre. I nei ci sono comunque, non è tutto rosa e fiori: i sensi di deja vu ci sono eccome (l'opener "Meat Curtains" su tutti, davvero un retaggio di Samsara e la sulfurea "Blinding", curiosa ma inconcludente) e la voce, che nel complesso risulta monotona come nel precedente lavoro.
Transmutations risulta però a fuoco negli episodi più lunghi e sperimentali, un'altra buona faccia della medaglia che ha cominciato l'anno scorso a dare buoni risultati. Originali.
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