È vero, è passato un anno e qualche giorno - 1 ottobre 2011 - dall'uscita del primo album in studio del sestetto nippo-canadese (almeno, così mi pare di aver colto) Yamantaka // Sonic Titan. Però il tam-tam dei mezzi di comunicazione non è bastato (o non c'è stato), come succede per migliaia di piccoli gruppi, e scoprirli è un po' come andare a rimestare tra i sassi di un fiume, per trovare qualche pagliuzza d'oro. Ebbene, complici un paio di recensioni di Pitchfork e Scaruffi, vi recensisco questo "nuovo" album.

Per una volta, dal sito di questo collettivo, posso estrarre senza problemi la definizione che danno di se stessi: "a psychedelic noh-wave opera group fusing noise, metal, pop and folk music into a multidisciplinary hyper-orientalist cesspool of 'east' meets 'west' culture clash in giant monochrome paper sets".

Perché in fondo, è questo che succede nei 31 minuti del disco: si fonde. La copertina - che intenzionalmente ricorda lo stile dell'anime Akira - è perfetta in questo senso, un amalgama vulcanico in attività, in cui si incontrano le declinazioni migliori del progressive rock contemporaneo, sonorità miracolosamente bilanciate tra metal e musica orientale, voci sciamaniche (Raccoon Song, A Star Over Pureland) e adolescenziali (Hoshi Neko). Gli arrangiamenti passano dai più semplici ai più intrecciati, ma il risultato è comunque pregevole: questo album ha una sua anima, e scegliere le parole per descriverla è sorprendentemente semplice.

Sicuramente, struggente. Le ballate sono delicate, il cantato giapponese e gli effetti sonori (feedback, campionamenti, noise puro) fortemente evocativi, come può esserlo il Bill Callahan di Apocalypse.

Sicuramente, potente. La fuga di organo bachiana, convertita in un progressive infernale di Reverse Crystal, il coro che scorre sopra un tappeto percussivo per tutta la durata della successiva Murder of a Spider, le percussioni che regolano l'adrenalina sia nella delicatissima Hoshi Neko che nell'infernale srotolarsi di A Star Over Pureland spingono a prendere parte alla danza macabra.

Lo scioglimento, Crystal Fortress Over a Sea of Trees, fonde queste due caratteristiche con enorme sapienza. Quel che viene in mente, è l'epicità di alcuni gruppi Visual Kei degli anni 80 e 90 (da qui la definizione di "rock opera"), ma con una ricchezza di contenuti di gran lunga superiore. Non è la tecnica ad essere messa sul piedistallo.

Cito per concludere con un aneddoto significativo, estratto da un blog appartenente ad una conoscente del collettivo:

I actually had an opportunity to chat with Ruby before their Jan. 28 show at Toronto’s Garrison. She described to me the background story to ‘Hoshi Neko’, which was somehow even sweeter than I imagined. It turns out that Hoshi, meaning “star” in Japanese, was the name of her cat back in Montreal. The Japanese phrase Hoshi Neko actually means “Hoshi cat,” however the phrase appearing in the song is actually Hoshi Noe Koe, meaning “voice from a distant star.”

At one point, Hoshi ran away and Ruby made a film based on adventures she imagined he would be having as he escaped into outer space. She had only a single copy of this animation in 16 mm format (the original) that she mailed back to her home address in Montreal as she was traveling. However, the film didn’t arrive when she got home. Further, Ruby was distraught and looked everywhere for her cat with no luck. Without any leads, she had no choice but to focus on an upcoming move to Toronto (where she lives now).

However, the day before she left she walked by a house not so far from her home in Montreal and was happy to find Hoshi sitting outside; it turned out he had been taken in by a new family (perhaps after returning from his voyages in the cosmos!). Of course she wanted to take Hoshi with her, but there wasn’t enough time to work out the issue with the second family, so she contented herself knowing that her cat was safe and seemed happy in a new home. Then, arriving back at her own house, she found the 16 mm film had finally arrived, just before she left the city.

Ruby Kato Attwood - Vocals
Alaska B - Drums, Keys, Programming
John Ancheta - Bass, Acoustic Guitar
Ange Loft - Vocals
Shub Roy - Guitar
Walter Scott - Vocals
Brendan Swanson - Keys

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