Lo mancai l'anno scorso, quando con tre settimane di anticipo il bigliettaro mi disse che era sold-out. Lì per lì pensai a una presa per il culo: "Ma chi?! Yann Tiersen?" Poi quando quest'anno l'ho rivisto in cartellone per i concerti al laghetto di Villa Ada, a scanso di rischi ho prenotato via web. E ho fatto bene: non credevo che il polistrumentista francese, già autore delle colonne sonore de "Il favoloso mondo di Amélie" e "Goodbye Lenin" fosse così seguito dai miei concittadini. Dopo essermi incolonnato mezz'ora nella coda di auto dirette su per la stretta via del Ponte Salario, alla fine ho trovato parcheggio e seguito il gregge fino alla location.
L'isola del laghetto della villa era piena. Villa Ada - per chi non è di Roma - è uno dei parchi più grandi e lussureggianti della città, e a mio avviso il più bello. Un po' questo, e un po' perché la soundtrack di Amélie mi aggrada considerevolmente (a dispetto della stronzata di film a cui è associata), pur non conoscendo molto altro di Yann, ho deciso di dargli fiducia.
Il bretone si è fatto attendere un bel pò: in ritardo di mezz'ora, sul palco la band conta sei elementi tra batteria, basso, chitarra, tastiera e sintetizzatori. Il nostro - dopo per lo più alla chitarra - esordisce cimentandosi con un violino, e accompagna quello che credo sia uno dei pezzi di "Dust Lane", l'album che sta portando in tournée.
Come definire la musica di Tiersen, se possibile? C'è molto rock, forte presenza di elettronica e qualche sprazzo di quelle melodie - giocose ma vagamente malinconiche - che tanto mi erano piaciute ai tempi di Amélie. Gli strumentisti hanno il predominio sulla musica, anche se di tanto in tanto fanno la loro comparsa armonie vocali vagamente eighties. La miscela di rock ed elettronica del francese a tratti mi ricorda dei Cure (che, ahimé, detesto).
Il suono tuttavia non arriva in modo eccellente, i fonici potevano fare di più. L'esecuzione è però molto buona, e i musicisti affiatati tra loro, anche se non siamo certo davanti ad animali da palcoscenico: iato linguistico a parte, Yann si limita a ringraziarci ogni tanto; non cerca il ritorno emotivo del pubblico, di cui tra l'altro mi sento un buon esponente poiché eravamo tutti lì con la speranza che ci deliziasse con il suo repertorio più noto ed orecchiabile.
Alla fine di un'ora e un quarto di musica, rientrati per il bis, la band di Yann tira fuori un interessantissimo pezzo al limite del noise (mettendo a dura prova l'archetto del suo violino) e in chiusura, inaspettato, ecco il valzer di Amélie, ma in versione ritmata, quasi electro. Serata piacevole, ma senza particolari picchi emotivi. Magari darò una chance su disco alla sperimentazione del bravo transalpino, anche se la totale assenza di qualsivoglia fisarmonica si è fatta sentire.
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