Un lungometraggio con una sua importanza storica: "La Horde" (2010) è il primo film a tema "zombie" made in France, basato sui dettami standard Romeriani. Appunto, la classica orda di morti camminanti contro l'umanità nel panico. Ambientato nella periferia di Parigi, la debole trama si basa sulla collaborazione forzata di una manciata di sopravvissuti, divisi tra malavitosi e poliziotti, in lotta con l'orrore dei cannibali non morti. Teatro/prigione della vicenda è un immenso palazzo di periferia, una costruzione cadente e semi-disabitata, ex rifugio per spacciatori e delinquenti vari.

Si può partire dall'aspetto dolente: la sceneggiatura, spesso e volentieri, si snoda in frasi già sentite e battute inverosimili, nonostante qualche guizzo inaspettato (da humour nero la scena della "medicazione" della gamba infetta), anche se di norma i dialoghi mancano di mordente. La narrazione tocca diversi possibili sviluppi, senza approfondirne nessuno; ogni personaggio viene delineato con frasi solo accennate o vaghi suggerimenti, come i fratelli malavitosi fuggiti dalla natia Nigeria, il vecchio veterano folle, la protagonista decisa solo a salvare il figlio che porta in grembo.

Il vero punto di forza, ed invero riuscito appieno, dell'opera è il senso di claustrofobia all'interno dell'edificio, unito ad una voluta vaghezza del resto del mondo (si intravede solo una periferia parigina apocalittica): il tutto è ben supportato da una fotografia molto cupa, giocata interamente su tonalità di grigio ed il rosso scuro del sangue. Una certa precarietà aleggia nell'ora e mezza proposta: lo scopo è uscire dall'edificio, ma poi? La città è in preda all'assalto dei cadaveri (tra l'altro, giustamente, senza che questa ondata di morte abbia un perché). Inoltre, i superstiti devono collaborare per sopravvivere, ma inizialmente erano sul punto di uccidersi a vicenda. Epilogo con poche speranze e di una notevole crudezza.

Il contenitore vale ben più del contenuto, (volutamente?) di poco spessore, ma, per chi scrive, il prodotto risulta ben più fruibile ed interessante di un'opera stanca come "Land Of The Dead" del maestro Romero, di qualche anno prima, grazie ad un montaggio moderatamente agile e delle scene di violenza non eccessive (come invece era lecito prevedere).

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