Il fascino è legato indissolubilmente all'intelligenza, e a questo connubio poche proposte come quella dei due nobili personaggi di Zurigo meritano di essere associate.

Perché?

Il perché è la domanda che ci si pone quando si incontrano gli Yello, specie se si proviene dalla consuetudine di un pop quadrato. Perché questo losco figuro canta, o meglio, recita litanie apparentemente così assurde? Perché l'altro losco figuro -da dietro le tastiere- produce un suono così catchy da giustificare la loro eccentricità?

Si consideri che negli album composti da Boris Blank nulla è mai lasciato al caso. Il mastro delle campionature e dell'elettronica possente di Stella è per sua stessa ammissione un perfezionista. Bene si sposa quindi la musica con la loro immagine; baffi da artista e aria seriosa, algida, anche mentre intonano gli au au di Oh Yeah. I vocalizzi di Dieter Meier, che somiglia (e infatti è) ad un miliardario playboy, sono appesantiti dalle ottave: un marchio di fabbrica.

Dentro Stella vi è un'aggressività che ammicca alla new wave. Il primo disco che vede gli Yello rinascere come duo, dopo l'abbandono di Carlos Perón. In buona sostanza un disco i quali suoni ricercati rendono giustizia ad un'elettronica che può essere elegante nonostante il risultato finale (il brano) presenti una spiccata vena ironica. Proprio in quel periodo credettero in questo principio gente come l'Hancock degli anni ottanta e i Frankie Goes To Hollywood.

La contemplazione conturbata nei confronti della natura, l'abbattimento dell'onnipotenza del dogma e la parodia dello stesso.

Non si riesce a stare fermi sulle note degli Yello e di Stella; addentratevi nella loro -scientificamente- perversa giungla urbana.

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