Un uomo nudo, cinque diverse linee che lo attraversano e l’emergere mastodontico dei grattacieli verso cieli antichi: questa è la visione donata da Storm Thorgerson, della famosissima Hipgnosis, per descrivere l’album di una band che accettava con coraggio di rinnovare se stessa e affrontare efficacemente l’evolversi musicale di un 1977 che sembrava travolgere tutto.
“Going for the one”, ultimo capolavoro della band, è il perfetto esempio di equilibrio e sintesi fra il passato e il futuro della band, equilibrio che non verrà mai più completamente ritrovato. Anche il cambio del designer della copertina è sintomatico del fatto che la band cerchi paesaggi dissimili da quelli “fantastici” del visionario Roger Dean, pur mantenendo il logo classico della band, opera dello stesso Dean. L’album si apre con la briosa “Going for the one”, canzone dal sound brillante che sembra prendere le distanze dal passato troppo impegnato della band. A tal proposito, il funambolico tastierista Rick Wakeman, al rientro nella band dopo l’allontanamento del talentuoso Patrick Moraez, dichiarò che gli Yes erano tornati a comporre di nuovo canzoni: il riferimento polemico ai “pesanti” “Tales From Topographic Oceans” e “Relayer” era fin troppo evidente, in quanto album mai amati da Wakeman. Il brano è dominato dalla chitarra steel di Steve Howe e dall’uso massiccio dei cori di Anderson, Squire e Howe.
La sessione ritmica, formata da Chris Squire al basso e Alan White alla batteria, è molto dinamica e varia e i fraseggi di Wakeman servono a saturare ancora di più il sound della band. Questo energico e brioso inizio ci conduce al primo capolavoro dell’album, “Turn Of The Century”. I dolci fraseggi della chitarra acustica di Howe fanno emergere la splendida voce Jon Anderson confluendo nel mare etereo creato da Wakeman e dagli ispirati interventi del basso di Squire. Come un sole all’alba, il brano cresce lentamente ma in maniera maestosa, accompagnato dalla bellissima interpretazione al piano di Wakeman, finché anche le percussioni di White, oltre a condurre il ritmo della band, incominciano a disegnare semplici melodie grazie ad un attento lavoro di accordatura della sua strumentazione. Il brano si conclude con il solo Howe che accarezza le corde della sua chitarra acustica con una classe e un’ispirazione immense.
L’atmosfera romantica e meditativa viene interrotta dalle grandiose vampate dell’organo di Wakeman che introduce “Parallels”, brano a cui l’intera band dona un’interpretazione energica e maestosa. “Parallels” è un rifacimento di “Hold Out Your Hand”, brano proveniente dall’album solista di Squire “Fish Out Of Water”. Il basso di Squire imperversa per tutta la durata del brano, sfidando Howe e Wakeman a seguirlo e superarlo. Anderson si improvvisa un moderno menestrello con la sua “Wonderous Stories”, brano semplice e delicato in cui la band accompagna con discrezione la bella voce del cantante, ricamata nella parte finale dai bei interventi di Howe.
Il piano di Wakeman ci introduce nel secondo capolavoro dell’album, “Awaken”. Dopo la bella introduzione di Wakeman la voce di Anderson incomincia a galleggiare in un mare etereo dominato dalle tastiere di Wakeman e dalla chitarra di Howe. Improvvisamente, un epico fraseggio di Howe da’ energia al brano conducendo la band verso paesaggi sonori maestosi dove ogni membro della band esprime tutto la sua classe. Il brano sembra spegnersi quasi all’improvviso ma da lontano emerge una melodia emessa dalle percussioni accordate di White. Ad essa si unisce la chitarra di Howe, ispirando Wakeman nella creazione di fantastiche visioni sonore. Da questo magma sonoro riemerge la voce di Anderson che spinge ancora oltre il brano fino ad incontrare il coro dei “Richard Williams Singers” per un crescendo strepitoso.
Arrivati “in vetta” ci si rituffa nell’atmosfera eterea e sognante dei primi istanti per sprofondare definitivamente e dolcemente in un mare eterno. Il “risveglio” è il dialogo con Dio…
Carico i commenti... con calma