Se l'obiettivo di questo disco era di ricreare il sound dei vecchi Yes, non si può dire che sia un successo completo. "The Ladder" ha però il pregio di trovare un buon equilibrio tra il pop e il prog, e sostanzialmente quasi ogni canzone del disco è orecchiabile, ben prodotta e non scontatissima. I testi, come al solito, non vogliono dire una sega, ma tanto ci eravamo abituati.
"Homeworld" è un gran pezzo. L'avevo sentito ben prima di comprare l'album, in quanto era inserito come canzone di sottofondo nei titoli di coda dello stupendo videogioco omonimo. Sinceramente è il brano che mi ha spinto a spendere i miei buoni venti sacchi per avere anche il resto. A dirla tutta non è che mi avesse entusiasmato in un primo momento, il resto: canzoni come "It Will Be A Good Day", "Lightning Strikes" o "Can I?", francamente stucchevoli, non aiutavano a farmi amare il disco.
Però ci sono anche cose come "Face to Face", brano super luccicoso, con un goloso giro in maggiore di basso e synth, e "If Only You Knew", che è il punto d'incontro tra i due concetti, difficilmente conciliabili, di ballata "à la festival di sanremo" e di canzone ben fatta. Giuro, funziona. Ha un ritornello semplicemente troppo piacevole per poter essere snobbata solo in quanto è pop.
Anche "Finally" tocca un po' quelle corde 'easy' che il proggettaro pieno di peli e stizza dovrebbe spolverare, ma l'altra grande perla è "New Language", che chiude l'album (se si tralascia quella postilla che è "Nine Voices") in modo egualmente degno di come "Homeworld" l'aveva aperto. Un inizio prog che sfocia in un giretto di chitarra a cui si aggiunge il cantato a cui si aggiunge la batteria, tutto seguito da un bridge in minore seguito da un ritornello coi coretti.
Un disco da tre stelle e mezzo, che approssimo per difetto perchè sono un bastardo.
Carico i commenti... con calma