Madlib è un tipo strano, è multidimensionale, inetichettabile, traversale.

E’ prima di tutto un musicista, ma anche un produttore e un Mc con le palle, quando decide di nascondersi dietro bizzarri pseudonimi, vagamente “notredameschi”.

A Madlib piace variare, cambiare, stupire e sperimentare. Ibridare, miscelare, mischiare, fondere. Madlib è protagonista tra i più fecondi ed innovativi della scena hip hop mondiale, incide per la rinomata Stone Throw e ha studiato a memoria tutto il catalogo della Blue Note.
A Madlib piace il jazz, e molto, lo si sente dalle basi che produce nelle sue innumerevoli collaborazioni, quelle con il compianto Jay Dee o con quell’ altro mattacchione di Mf Doom su tutte.

A Madlib piacciono Charlie Parker e Dizzie Gillespie, Bobby Hutcherson e Andrew Hill, Wayne Shorter, Dexter Gordon e Herbie Hancock, ma non disdegna affatto il soul di Stevie o il funk di James, anzi… Madlib nel 2001 decide che i tempi erano maturi, maturi per un disco che fosse interamente suonato da lui e che fondesse mirabilmente l’hip hop con una certa improvvisazione e un approccio tipici del jazz e dove il suo Fender Rhodes potesse sprigionare tutta la sua magia e la sua energia. Decide persino i nomi fittizi dei suoi ipotetici compagni di ventura, visto che il disco è suonato solo ed unicamente dal signor Otis Jackson aka Madlib, aka Quasimoto, e che il nome per il suo nuovo progetto sarebbe stato Yesterdays New Quintet e poi che ti fa? Ti tira fuori uno dei dischi più influenti e incisivi degli ultimi anni della scena hip-hop e nu-jazz. Un vero e proprio must.

Un concentrato di jazz, soul e fusion daigroove assassini costruiti dal vibrafono, dagli assoli illuminati di pianoforte e dal sound tipicamente West Coast. Un disco di assoluta qualità, dal suono volutamente vintage e davvero pieno zeppo di stile.

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