I meriti oggettivi di Malmsteen sono ormai noti a tutti, quello di aver contribuito al 90% alla nascita di tutto ciò che ora è classificato come power metal (vedi Stratovarius, Symphony X, Angra, Dragonforce, Primal Fear ecc.) e aver portato la tecnica della sei corde ad un livello eccelso.
Contribuì al 90% alla nascita del power perchè negli stessi anni gli Helloween avevano già iniziato a sperimentare sonorità tipiche del power, e i nascenti Blind Guardian già ne traevano ispirazione: tra l'altro la fusione tra musica classica e moderna (non solo a livello concezionale, ma anche pratico) era una "tecnica" gia diffusa sulla chitarra classica, egli non fece altro che appropriarsene e trasporla su chitarra elettrica. Steve Vai era già conosciuto nell'81 grazie alla militanza al fianco di Frank Zappa, ma il suo stile era diverso rispetto a quello sfoggiato negli album solisti; Ritchie Blackmore, uno di pochi ispiratori di Malmsteen, attraverso le incisioni con Deep Purple e Rainbow e le varie Jam Session durante i concerti, dava sfoggio alla sua capacità tecnica attraverso accellerate (già parte del repertorio Blues, uno su tutti Al Di Meola) l'utilizzo di scale precedentemente quasi ignorate (così come Uli John Roth) in un campo che prima vedeva chitarristi eccelsi universalmente riconosciuti (Jimi Hendrix e Jimmy Page) muoversi solitamente su maggiori o pentatoniche.
Bene allora, qual'è stato il ruolo per molti fondamentale di Yngwie Malmsteen? Quello di essere l'anello di raccordo tra un ciclo che iniziò con Hendrix e terminava con Blackmore (preceduto dai vari Page, Clapton, Gilmour, May, Iommi e perchè no, Santana sopra a gente come Richards, Jones e Cooder) e un'altro ciclo che vide nascere shredders (Satriani, Petrucci, Vinnie Moore, Batio, Friedman, Becker, Gilbert, Romeo, Tolkki e Grapow) e gruppi power metal (già citati).
Se mischiare diverse caratteristiche di diversi tipi di musica e addirittura di diversi strumenti musicali può essere classificato come "inventare", allora Malmsteen ha inventato qualcosa, ovvero il metal neoclassico, al contrario, non ha inventato niente. In ogni caso, i sopracitati meriti sono indiscutibili quanto palesi.
"Rising Force", primo disco solista dopo le incisioni dovute all'esperienza con Steeler e Alcatrazz, esce nel 1984, un disco storico che dimostra la perizia tecnica dell'allora 21enne e la sua enorme capacità compositiva: ogni chitarrista più o meno dotato, allora come oggi, si rende conto che quelle non sono, come certi poco informati critici dicono "pentatoniche a duecento all'ora", bensì "scale minori armoniche suonate come mai nessuno prima". Anche a duecento allora, se vogliamo, ma come mai nessuno prima di lui aveva fatto. Per Malmsteen l'abilità tecnica è la base per l'espressione: non si può essere in grado di esprimere se stessi al meglio senza una notevole capacità. Come dargli torto? Sarebbe come voler costrure un palazzo secondo i propri gusti senza prima aver studiato le leggi fisiche che lo dovrebbero dominare: il risultato? Se il palazzo sta in piedi è già tanto. Se poi ad alcuni può sembrare che gente come Mars o Slash abbia più da dire, in certi casi potrei essere d'accordo, ma anch'essi, come ogni chitarrista, sanno che non si può creare del bello senza prima aver studiato come esso si può creare. Questi sono due esempi di gente probabilmente più espressiva di Malmsteen (la cui capacità tecnica rimane però indubbia, in quanto formata da sweep picking perfetto (mai nessuno prima era riuscito quanto lui in questa tecnica), legati veloci, bending e vibrati frequenti e a puntino che permettono di colorare il suono ogni volta in modo differente), che avevano più da dire: è come parlare una lingua, c'è a chi importa più la pronuncia o più il discorso: in certi casi, lo svedese ha privilegiato la pronuncia, Slash e compagnia cantante hanno privilegiato altri aspetti che alla lunga risultano di certo più importanti.
Dopo il secondo "Marching Out" e il successivo "Trilogy", Malmsteen torna con"Odyssey": come nei due precedentemente citati lo stile non è cambiato, alla sua base ci sono sempre quelle sonorità create con "Rising Force", ma con una formazione che rispetto al primo album risparmia solo Jens Johansson (futuro Stratovarius): alla batteria, infatti, c'è il fratello di Jens, Anders, e al basso Bob Daisley (ex Rainbow, Widowmaker, Ozzy Osbourne, Uriah Heep e Gary Moore, colui che utilizza lo sweep sul basso). Alla voce a rimpiazzare con classe Mike Boals (che a sua volta rimpiazzò lo storico ottimo Jeff Scott Soto) è chiamato Joe Lynn Turner (anch'egli ex Rainbow, che in futuro, come lo stesso Soto, vanterà importantissime collaborazioni, come credenziale del suo calibro d'artista).
Il disco parte con una opener al vetriolo: un intro di tastiera in Mi che spalanca le porte a quella che è, insieme a Black Star e Far Beyond the Sun, uno dei cavalli di battaglia dello svedese: "Rising Force"; canzone epica dotata di uno dei più belli assoli scritti, con alternarsi, dopo arpeggi al millimetro, di chitarra e tastiera che si fondono in un suggestivo scambio di frasi. La seconda "Hold On", meno potente, più triste e sentita, dotata di splendido assolo, apre a "Heaven Tonight", brano con sonorità molto eighties con grande utilizzo di tastiere. Il successivo lento, "Dreamin (Tell Me)", è seguita dalla velocità e dall'eccelsa tecnica espressa in "Bite the Bullet". Dopo questa si passa a "Riot in the Dungeons", una delle canzoni più belle dell'album, dove la ritmica dà il suo meglio, così come le tastiere, per strofe altalenanti di grande potenza e virtuosismo assolutamente non fine a se stesso. Sonorità heavy metal e studiato assolo per "De Ja Vu", intro calmo, piatto ad aprire "Crystal Ball", vicina al metal classico. "Now is the Time" rimane impressa per la semplicità della sua struttura, "Faster than the Speed of Light", autocelebrativa cavalcata, come dice il titolo, per la sua velocità. "Krakatau" è un'ottimo pezzo strumentale, che parte con riffing, per poi spostarsi su sonorità più dure per chiudere con copiosi assoli. Memories chiude il tutto con classe, uno splendido arpeggio.
Un ottimo disco, forse ci si sarebbe potuti risparmiare "Faster than the Speed of Light" e un'altra, per fare numero tondo ed evitare molte delle solite accuse. Tutt'altro che un disco freddo, comunque, non all'altezza di "Rising Force" (che comunque è diverso per concezione), ma in grado di giocarsela con "Marching Out" e "Trilogy" (che secondo me può vantare una suite che rappresenta l'episodio migliore dall'85 in poi).
Sarà seguito da "Eclipse" (forse l'ultimo di un'era brillante) e da "Fire'n'Ice", opera che crea sempre diatribe: in ogni caso nessun disco successivo sarà in grado di imitare quelli del primo decennio.
Carico i commenti... con calma