Con il timore di passare per scaruffiano convinto quale non sono, ricordo come il Pierone nazionale avesse etichettato Ira Kaplan come "un computer programmato per replicare lo stile di quei pochi complessi che nessuno ha mai messo in discussione". Definizione forse un poco spietata, ma senza dubbio efficace. Kaplan ha sempre posseduto, effettivamente, uno strepitoso talento attitudinale nel suonare rock, una rara capacità di attingere ecletticamente ad ogni manifestazione della musica popolare, senza peraltro sfociare nel mero citazionismo enciclopedico.

Gli Yo La Tengo non perderebbero il loro peculiare stile "colto ma onesto" nemmeno se suonassero lo stesso pezzo per altri cinquant'anni.

Il punto, però, è che sicuramente non risulterebbero più troppo freschi ed originali. Prendete il precedente "I'm not afraid of you and I will beat your ass". Che gli volete dire? Io personalmente nulla, se non che sembra il fratello minore di "I can hear the heart beating as one", e i fratelli minori soffrono sempre un pò il raffronto con quelli maggiori. Peraltro, a livello stilistico, mi è impossibile non definirlo comunque bellissimo, a parte sporadici episodi.

Episodi poco riusciti che appaiono anche sul nuovissimo "Popular Songs". La nuova fatica degli Yo La Tengo possiede tutti i tratti caratteristici a cui i nostri ci hanno abituato, tra novità stilistiche e pezzi di natura oramai consolidata (ed un attimo trita) quali il pop visionario di "Avalon Or Someone Very Similar"; la ballata "When It's Dark" piuttosto convenzionale per i loro standard; l'immancabile mattone lisergico di 10/ 15 minuti "And The Glitter Is Gone", che ad un certo punto sembra debba essere presente per contratto. Ma ecco le nuove piccole gemme: l'iniziale "Here To Fall", con la sua psichedelia liquida, basso ruvido a dettare i tempi del volo (guardate il relativo video) e orchestrazioni a contorno (forse il loro pezzo più originale degli ultimi tempi); la funky "Periodically Double Or Triple" con l'organo a singhiozzo che rincorre la voce di Ira; "By Two's", con le sue cupe atmosfere metropolitane che a me personalmente hanno ricordato quelle dei migliori Portishead; "More Stars Than There Are In Heaven" e il suo shoegaze "old school" di oltre 9 minuti.

Trovano spazio anche richiami bossa nova in "I'm On My Way" e la lunga, ancestrale, roachiana "The Fireside", con basso ipnotico alla Seam.

Detto questo, potete maturare in voi la convinzione che, male che vada, "Popular Songs" sarà "solo" piacevole.

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