In un momento storico in cui il pane costa più delle mignotte (e ci sono infatti sempre più mignotte perchè, in fondo, dovranno pur comprarselo il pane) tu che fai? Prendi due giorni di ferie per un matrimonio, te ne fai beffe e poi, prosciugato dal ''Dovevi girare lì'', ''Guarda che era di là'', ''Te l'avevo detto...qui ci siamo già passati'', ti lasci vincere dal sollazzo che può regalare la Sagra della pera cocomerina di Montecoronaro in una frigida notte di fine estate. Sul palco i Liscioperanti. Nella mia testa ''The Mental Tyrant''. Tutt'intorno gli Appennini e ''l’immensa bellezza che purificava la realtà''.

[dissolvenza incrociata su un culo a caso di un canale a caso del prime-time tv italiano]

Era il 2003 (o forse era il 2004? Boh...del resto, non so per quale oscura concezione astrale, da quando ascolto musicaccia tendo spesso a scordarmi le cose) e tutti i pomeriggi mi fermavo a scuola perchè per quelli come me c'erano i corsi artistici, che tradotto voleva dire farsi le canne nel cortile della palestra coi più sfigati ed emarginati che si potevano trovare in giro. Gli Sleep fecero festa per trasformarsi metà in contemplazione Om e metà in pepe tra le chiappe High on Fire; gli Electric Wizard pure fecero festa, per trasformarsi metà in Electric Wizard del cazzo (anche se dalla regia mi dicono che l'ultimo è cosa buona e giusta...) e l’altra metà in Ramesses, che, per inciso, sono un gruppozzobestia bello slabbrato e irrancidito che non vi sto nemmeno a dire sennò ci si perde. Comunque...nello sfacelo pressochè generale, i più lesti a riempire il buco e a raccogliere l’eredità di quel magico binomio, all’epoca sinonimo di Stoner/Doom pesante e acidissimo (roba che veniva fuori da etichette tipo Earache e Rise Above, leggasi Lee Dorrian, che se aspettavamo qualcun'altro adesso i metallari si farebbero le pippe su gruppi di teen giapponesi con nomi improbabili tipo Babymetal), furono gli YOB che cacciarono fuori in rapidissima sequenza ''Catharsis'', ''The Illusion of Motion'' e ''The Unreal Never Lived'', un triplete che, a giudizio di chi scrive e di chiunque abbia orecchie funzionanti e non sia afflitto da un'incurabile demenza musicale, ne decretò le sorti: lo scettro lasciato vacante dai due mostri sacri di cui sopra se l'erano ciucciato proprio loro, con appresso una vagonata luciferina di droghe più o meno psicotrope.

Ma proprio sul più bello...Puff! Accasa! Senza preavviso e senza nemmeno passare dal via. Come un Enrico Letta qualunque. E la sensazione che mi rimase dentro fu quella del tirone distratto e bastardo al filtro che avevi fatto tu stesso immolando il cartoncino delle presenze a calcetto, quando ne mancava soltanto una per giocare gratis il lunedì successivo. Sconforto. Dalle ceneri il deus ex machina Scheidt fece nascere i Middian i quali, con un solo disco nientedichè alle spalle, dovettero eclissarsi per problemi legali con un’altra band sull’uso del monicker (eggià, come lasciarselo sfuggire in effetti...) e quindi...voilà! Riecco gli YOB, stavolta sotto Profound Lore.

Così, quando nel 2009 se ne uscirono con ''The Great Cessation'', prese di nuovo vigore in me una specie di spinta a quella coscienza collettiva da capello lungunto e smanicato di jeans che voleva l’imbruttimento nel senso letterale del termine o cose del tipo citofonare all’appartamento sbagliato e ritrovarsi al cospetto di una congrega di demoni che cucinano metanfetamine dentro delle teste umane. Mi ricordo di aver letto, all’epoca, intrugli di recensioni che puzzavano di formaggia di una settimana e affermazioni del tipo ''Ehi tu che ascolti robba pesa, gli YOB sono i più fiki perchè sono il gruppo più peso della terra, giuro!'' Ora credo scrivano epistole sul revival folk americano direttamente dalla Cappadocia.
Con l'uscita di ''Atwa'' ero convinto che l'interesse verso qualcosa di nuovo da loro fosse definitivamente scemato. Non perchè l'album non avesse spunti da sballo però...che ne so...era lì zitto zitto, non reclamava mai un ascolto ed ogni volta che gli davo un'altra sciòns mi batteva dritto sul pube un po' come quelle magliette ''69 - de puta madre'' che andavano tanto di moda tra i fanciulli tempo addietro.
E invece adesso...sarà per quest'aria di rivoluzione culturale che ci sta gravitando attorno, sarà per il Tfr in busta tassato al 50% che potrò prendere tra qualche mese o forse sarà soltanto perchè non ho ancora capito a cosa cazzo serva Pinterest, adesso sento nuovamente il bisogno di qualcosa di ammuffito ma accogliente. Sento di nuovo il bisogno di un bicchierino di VoV da sorseggiare fissando il fuoco del caminetto. Almeno prima di rincoglionirmi del tutto e andare a votare Alleanza Monarchica.
''Clearing the Path to Ascend'' è pura imponenza. Vibra e brucia. Lo osservi e lui sghignazzando ti sussurra: ''Ma lo vedi che ogni tanto qualche bello stronzolo spunta fuori bolleggiando dallo stagno di melma della musica odierna e anche ieridierna, Coglione!''. Parte ''In Our Blood'' e dopo soli 3 minuti ti sei già bagnato. Bastano una manciata di riffoni a catena over 120 db e capisci che il nuovo degli Slipknot che hai scaricato per curiosità la sera prima non è altro che la colonna sonora del Carosello eseguita dal coro dell'Antoniano di Bologna. ''CtPtA'' ti cresce tra le mani, s'intrufola, giganteggia ma al momento giusto esplode, come sempre, come è giusto che sia. Spesso si schiude e lascia intravedere la propria ossessione. Bagliori sfocati. Forse una speranza. I Neurosis fanno capolino come scarafaggi dal buco del troppo pieno in almeno una ventina di passaggi (aver inciso per la Neurot non può essere solo un caso) e poi c'è quella ''Marrow'', posta in coda, con le sue rigogliose venature folk e post-rock, il suo anelito quasi country, la malinconia che regna sovrana, la lacrimuccia pronta a scendere e te che ti ritrovi con la lingua in bocca di tua suocera che ti stava solo portando il basilico fresco per il pesto. Un pezzone così emotivamente estenuante che, sebbene non si possa considerare proprio proprio una canzone strappafighe, qualche verga sul tavolo, secondo me, se la porterà a casa alla grande. Magari di qualcuno con lo smanicato di jeans conosciuto alla Sagra della pera cocomerina di Montecoronaro.




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