La storia dell'uomo è l'unica vera storia possibile perché sono gli uomini che raccontano le storie e le storie che raccontano gli uomini parlano di uomini e in ogni caso sono tutte parti della stessa grande storia. Questa chiaramente si dipana lungo una linea temporale unica, anche in qualche modo dal 1492 ad oggi, questa linea incrocia in un punto un'altra retta perpendicolare e forma un piano: l'uomo ha realizza che la Terra abbia una forma sferica e comincia a spostarsi da un punto all'altro del pianeta. Questo allo stesso tempo ha evidenziato delle sfasature sul piano temporale a seconda delle diverse situazioni e che sono legate a ragioni come clima e conformazione geografica e che significa che, quando Colombo è arrivato nelle Americhe in qualche modo egli è stato il primo vero viaggiatore nel tempo.

Viaggiare nel tempo è stato qualcosa di concreto fino all'innizio del secolo 1900 (suggerisco "El abrazo de la serpiente" di Ciro Guerra, 2015) poi il gap temporale si è azzerato, anche se sono rimaste irrisolte tutta una serie di vicende che conosciamo e oggi questo costituisce un privilegio per pochi e richiede grande apertura mentale e poteri sciamanici eseguiti secondo rituali che esulino dal concetto di tempo e spazio.Qualità che riconosco in Yonatan Gat, musicista di estrazione punk-rock (ex Monotonix) di base a NYC, USA e già conosciuto per il suo orientamento sperimentale e avanguardistico, la devozione al free-jazz, l'improvvisazione e la psichedelia rock.

"Universalists" (Joyful Noise Recordings/Glitterbeat) è un disco registrato praticamente in giro per gli Stati Uniti d'America e con la collaborazione di un numero incredibile di musicisti e addetti ai lavori. Tra questi: il musicologo Alan Lomax (il disco si apre proprio con un coro registrato da Lomax a Genova, Italia nel 1950) e un big come Steve Albini (che aveva già prodotto un suo EP), ma sarebbe ingiusto non considerare anche tutti gli altri e il cui contributo non è certo meno significativo: il bassista Sergio Sayeg e il producer John Schimpf, la incredibile interpretazione vocale di Catalina Mateu in "Post-World", la impressionante sezione di percussione e cori de gli Eastern Medicine Singers ("Medicine"), il sassofonista avant-jazz Matt Bauder e che qui suona anche il clarinetto ("Cue The Machines", "Projections", "Chronology"), Thor Harris e Sarah Gautier dei Thor & Friends...

Tra sferragliate di musica noise e rock blues più oscuro e giri di chitarra ingegnosi degni di Sir Richard Bishop, quindi i caratteristici bolero Rangda, l'attitudine tropicalista-pop de gli OS Mutantes, tribalismi e allegorie mediorientali, "Universalists" è un disco che si insinua sin dentro la pelle dell'ascoltatore e che gli si avvolge tutto intorno fino a stringerlo dentro una morsa come l'abbraccio di un gigantesco serpente, una anaconda verde del bacino del Rio delle Amazzoni, quello che Vicente Yanez Pinzon nel 1500 battezzò come Rio Santa Maria de la Mar Dulce e il braccio d'acqua più lungo del mondo che si fa spazio nel ventre della terra.

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