Cosa farebbero i Pink Floyd nell'era dei vst, dei plug-in, dei virus-t e dei nord lead? Probabilmente qualcosa non troppo distante dal suono di "The Last Days of Gravity": una vera gemma! Elettronica per pigri nostalgici "progressisti" malati di tecnica che non guardano oltre il proprio giardino. Sperimentazione destinata a chi nella musica cerca non solo emozioni, ma anche novità, idee, e perchè no anche la famigerata "tecnica". I Younger Brother seguono perfettamente queste linee guida pur senza divagare in complessi sperimentalismi. L'operato del duo londinese è difficilmente catalogabile, si tratta di un suono intelligente, cervellotico e naturalmente psichedelico, che affonda le radici nella cultura goa-psy ma prendendo le distanze da casse dritte, bpm elevati, e bassi cavalcanti.
I due in questione sono il genio di Simon Postford (tra i padri della goa e autore di quel capolavorissimo che era Shpongle - Are You Shpongled? lavoro come concezione molto simile al recensito) e Benji Vaughan (producer psytrance meno noto dei vari big israeliani, ma di indubbio valore). I due hanno già agito insieme sul debutto "A Flock of Bleeps" (molto valido anch'esso), ed entrambi hanno alle spalle diversi tentativi sulla stessa lunghezza d'onda del recensito, mostrandosi particolarmente impegnati in una costante ricerca nel riscrivere le regole della musica psichedelica portata avanti con la label di Simon "Twisted Rec" che da anni si propina di proporre un ibrido a metà strada tra psy downtempo e il movimento psybient. Nel 2007 se ne escono con questo discone e lo scopo si puo dire raggiunto.
Il biglietto da visita è senza dubbio invitante, con l'artwork a cura di Storm Thorgerson (l'uomo di "The Dark Side of the Moon") che potete ammirare qui. Sin da un primo ascolto dargli un collocamento si rivela impresa non facile: melodia, elettronica, chitarre, synthazzi e l'intento "mentale" convivono per la maggiorparte del platter, il risultato è riuscitissimo.
Al mondo Younger Brother si ci affaccia con "Happy Pills" (il titolo è ovviamente tutto un programma) viaggio sognante in continua progressione che si avvicina ai territori IDM anni 90; notevole la sezione ritmica, con nuovi suoni che regolarmente si aggiungono al mosaico, dando vita ad una stesura che ricorda chiaramente l'ormai collaudato e tecnicissimo modo di produrre Psytrance. Tutte le tracce sono parecchio lunghe ed estremamente varie: a testimoniare ciò ci pensano i 9 e passa minuti della terzinata "All I Want", che inganna con un avvio ambient, salvo poi virare netto su un banco suoni electro e accompagnamenti molto pink floyd arricchiti da uno sfondo ricco di fx e synthini, i quali contribuiscono a dar colore ad una traccia che con l'ulteriore sviluppo progressivo si arricchisce anche del bel vocal di Ruu. Questo brano più di tutti rappresenta il concept dei Younger Brother, e se avrete modo di apprezzarlo allora questo disco non vi potrà deludere.
Stupendo il pulsante bassline di "Elephant Machine", complessa traccia psy-downtempo dall'atmosfera allucinogena e dall'arrangiamento quanto mai pieno (presente anche un riff di marimba) che ricorda molto le produzioni Sphongle, quindi beat deciso, ritmiche processate, talkbox a-là Astrix e delays a manetta. In generale un episodio un attimo fuori dal resto dell'album per calcare territori totalmente elettronici, come del resto la suite "Sleepwalker" snodata in una parte 1 dub/downtempo, e una parte 2 piu veloce con reminescenze deep house. L'acidissima "I Am A Freak" è invece l'episodio che riprende maggiormente il background dei due (anche se come immaginabile con un bel po di bpm in meno); si tratta di un esperimento dalle sonorità esoteriche iperdigitalizzate, inclusi inserti electro ma con un singolare breakbeat rockeggiante! Le chitarre della stupenda "Psychic Gibbon", "Your Friend Are Scary", e il fascino retrò di "Ribbon On A Branch", mettono in luce il lato più melodico dell'opera.
L'album si rivela essere un lavoro eclettico ed estremamente interessante, che possiede tutti i requisiti per rientrare tra i dischi più originali del decennio. Tra pad, sweepponi, synth , tecnicume quantizzato, e parti acustiche, atmosfere psichedeliche, vocals dal retrogusto 60-70's con in aggiunta un costante ritmo downtempo, l'ascolto risulta semplice anche qualora non si dovesse dare particolare attenzione a tutto il lavoro dietro ad ogni battuta, la cura di ogni singolo suono e lo sviluppo progressivo di ogni traccia, dettagli che in realtà meriterebbero un occhio di riguardo. I cantanti Ruu e Chester passano in secondo piano rispetto al corposo lavoro di arrangiamento svolto da Simon & Benji, ma le doti non mancano certo (specie il secondo che offre interpretazioni convincenti e sentite sulle tracce affidatogli). Non aspettatevi psytrance, ne downtempo ne psichedelica. Preparatevi a qualcosa di completamente nuovo. Anche per questo a "The Last Days Of Gravity" diamo il massimo dei voti, con la speranza che i due si possano ripetere in futuro.
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