Siamo cresciuti con gli stessi album io e gli Yuck.

Naufraghi nella terra dei sogni ad occhi aperti, persi a fantasticare su una scena Freak ormai estinta, divenuta oggetto di nostalgia e revisione storiografica da parte di critici e aficionados. D'altronde non si esce del vivi dagli anni Ottanta, vero, ma nemmeno superare la soglia dei Novanta deve essere stato particolarmente facile.

Gli Yuck sono quattro inglesi atipici, cresciuti a tè e Pavement, ancor prima che Jesus & Mary Chain. Sfacciatamente non fanno nulla per nasconderlo. "Yuck" è un album di Pop chitarristico, che viene a ricordarci dove e quando hanno fallito tutte le next big thing d'Albione nell'ultima tirata di secolo, perse tra fittizi rimaneggiamenti New Wave e tagli di capelli asimmetrici. I risultati qui risuonano spontanei sia quando si cita il chitarrismo bieco di J Mascis ("Get Away"), sia quanto i ritmi si smorzano in processioni quasi Shoegaze ("Rubber"). Slacker Pop di pregevole fattura ("Suck", "Operation") e rimasugli bubblegum ("The Wall") cristallizzano il tempo, bloccandolo nell'anno - di grazia - in cui il Punk esplose.

Fuori tempo massimo, proprio per questo ne avevamo bisogno.

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