La Altrock Records è senza dubbio una delle case discografiche migliori del vero Prog moderno, vanta gruppi come Aranis, Finnegans Wake, Rational Diet, MiRthkon, ma soprattutto il progetto Yugen di Francesco Zago, ex chitarrista dei Night Watch, con i quali ha prodotto un unico album dal nome "Twilight" nel 1997, dove presentava sonorità marcatamente Neo-Prog. Con l'ambizioso progetto Yugen (nome derivante da una terminologia artistica del Sol Levante) presenta uno stile nettamente differente, che segna un netto allontanamento dalle parti melodiche che contraddistinguevano la sua precedente band, a favore di una ricerca musicale molto originale e convincente, creando un equilibrio tra il Rock e la musica da camera.
Affermatisi immediatamente con lo splendido esordio, "Labirinto d'Acqua" del 2006, seguito da "Uova Fatali" di due anni dopo, Zago e soci tornano nel 2010 con "Iridule", con una straordinaria formazione composta da gente qualunque quali Guy Segers (bassista degli Univers Zero), Michele Epifani (tastierista degli Areknames) e la presenza dei componenti dei Thinking Plague .
Il progetto rappresenta una sorta di continuità dell'Avant-Prog degli anni '80, una ricerca stilistica che varia dal Rock da camera belga (Univers Zero, Present) alle eclettiche sonorità di Miriodor e degli stessi Thinking Plague, il tutto in una forma "canzone" non molto distante da quella proposta dal Gigante Gentile, con il dono della essenziale perfezione compositiva Frippiana.
"Iridule" lo si può considerare come una sorta di inquietante ed introspettivo viaggio sonoro, impreziosito da intermezzi quasi fiabeschi, nei quali vi è la splendida voce di Elaine Di Falco, nella title track e in "Ice". Brani come "The Scuttle of The Past Out of the Cupboards" e "Overmurmur" sono stilisticamente affini in parte agli ultimi lavori dei Present, ma non privi di citazioni Crimsoniane sia nella struttura che richiama suite come "Larks' Tongues In Aspic" che per l'uso del Mellotron. "Becchime", che presenta influenze non troppo distanti dai pezzi precedentemente citati, è sicuramente il pezzo più cervellotico e complesso del lotto. La traccia di chiusura "Cloudscape" è per il sottoscritto il momento migliore, in contrasto con il resto del disco, rappresenta il lato più sinfonico del gruppo, chissà se si tratta di una soddisfacente anticipazione stilistica per successivi lavori.
Disco che rappresenta una ulteriore maturità stilistica per l'ensemble "nostrano", difficilmente colpisce ai primi ascolti, ma dopo non se ne può fare a meno di riascoltarlo.
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