Nel debutto solista di Zach Hill c’è tutto quello che vi aspettereste da un musicista eccentrico. Per chi non lo conoscesse, Zach sta alla batteria come Quentin Tarantino sta al cinema. E’ un picchiatore che dà letteralmente il sangue per il e sul proprio strumento, questo progetto ne è una dimostrazione. Il suo drumming tuttavia non è solo velocità o tecnicismo quanto piuttosto una ricerca stilistica, fatta di complessi ricami ritmici che raggiungono talvolta i limiti della fisica oltre i quali c’è solo l’astrazione.
In questo lavoro troviamo tutti gli ingredienti cari al batterista, a partire dall’impianto noise-core degli Hella, da cui la sua carriera di musicista è decollata dieci anni or sono. Zach, iperattivo come il suo modo di suonare, non è stato fermo un attimo, collaborando con miriadi di musicisti (Bygones, Wavves, Marnie Stern, Chll Pll solo per citarne alcuni…). L’album vede la collaborazione di vari amici: Devendra Banhart, Guillermo Scott Herren (Prefuse 73), No Age, Hella, e i Deerhoof. Il risultato è sorprendente. “Face Tat” è vario e creativo, oltretutto si dimostra molto orecchiabile man mano che aumentano gli ascolti.
Sotto una foschia lo-fi un’elettronica spiazzante e bizzarra fa da paesaggio alle scenografie innalzate dalle ritmiche di Zach. Ci troviamo presto smarriti in un labirinto di stacchi e dissolvenze, di controtempi frenetici fra sprazzi di pura melodia e spasmi hardcore. Riconosciamo qua e là lo zampino Deerhoof (“Green Bricks”, “Burner in the Video”) e quello No Age (“House of Hits”). Se nel caotic punk di “The Sacto Smile” e nell’episodio heavy “Total Recall” troviamo l’animo più turbolento dell’artista, sono le canzoni più sperimentali a divertire e stupire: “Memo to the Man” in cui sembra di sentire gli Yeasayer, il funky jungle di “The Primitives Talk” e il drum’n’ bass “Gross Sales”. Infine nella cavalcata art-rock a là Ponytail che da il titolo al disco Zach sfoggia tutta la sua bravura.
In conclusione “Face Tat” è un album piacevole e divertente da scoprire, dove i virtuosismi e lo stile del drumming di Hill sembrano aver trovato la propria dimensione.
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