Magmatico, diseguale, affascinante per la sua intrinseca imperfezione: "Watchmen" di Zack Snyder, tratto dall'omonima graphic-novel di Alan Moore e Dave Gibbons, è questo ed altro.

Superfluo sbandierare la supposta profondità filosofica della trama o i quesiti morali posti e accuratamente elusi, com'è consuetudine dei fan del fumetto per comprovare la bontà dell'opera: Watchmen è per prima cosa un'esperienza sensoriale che al pari de Il Cavaliere Oscuro (e pochi altri blockbuster dei nostri tempi) racchiude in sé quella purissima vocazione all'intrattenimento, allo stupore e alla meraviglia del cinema delle origini.

Nel corso degli anni, il progetto di Watchmen è passato per le mani di registi visionari quali Terry Gilliam e Darren Aronofsky senza mai concretizzarsi, restando sospeso nel limbo degli adattamenti considerati impossibili o finanziariamente troppo rischiosi. Poi arrivò Snyder, galvanizzato dal successo a sorpresa di 300. E finalmente i meccanismi della produzione si misero in moto per accontentare gli Watchmaniaci in trepidante attesa da ormai più di vent'anni.

Watchmen è uscito al momento giusto. Anche solo pochi anni fa l'ambiente cinematografico era acerbo e il film non avrebbe avuto lo stesso impatto. Anzi, sono sicuro che sarebbe stato concepito in maniera del tutto diversa e assai meno efficace.

La situazione è propizia: il film-fumetto è radicato a sufficienza nell'immaginario cinematografico per giustificare una propria meta-riflessione, ma non troppo consolidato e dunque ancora flessibile da sopportare l'onda d'urto di una sua messa in discussione, senza che si vada a minarne le fondamenta e distruggere l'appeal commerciale che lo ha fin'ora connotato.

Se Il Cavaliere Oscuro quasi rinnegava le proprie origini, tentando di ascriversi ad un genere dalla storia più lunga e sedimentata come il crime-movie alla Heat, Watchmen fa della propria appartenenza al genere fumetto il suo punto di forza, anzi, la condicio sine qua non da cui non si può prescindere per una sua approfondita analisi tematica e tecnica.

Alan Moore aveva partorito la sua creatura come analisi della tradizione supereroistica nei fumetti americani classici, con il duplice intento di rendervi omaggio e, allo stesso tempo, dissacrarne affettuosamente i topoi, oltre che meditare sulle potenzialità del medium e portarlo alle più estreme conseguenze narrativo-formali.

Questo Watchmen cinematografico fa lo stesso con il cinema-fumetto citando esplicitamente i film che l'hanno preceduto, dalle pietre miliari (i meravigliosi Batman di Burton) a pellicole meno riuscite che forse costituiscono la maggioranza di questo sub-genre. Ed ecco quindi rimandi neanche troppo velati alla Catwoman di Michelle Pfeiffer nella tuta fetish in latex di Spettro-di-seta II, ridicoli capezzoli di gomma fanno capolino sul costume di Ozymandias come nel pessimo Batman & Robin di Joel Schumacher, sprazzi di sano eroismo e salvataggi in pompa magna in perfetto stile Spider-Man, echi di X-Men nel ritratto del mutante Dr. Manhattan, ipertrofico superman naturista e anaffettivo, l'unico personaggio con autentici e quanto mai devastanti superpoteri. Numerosi anche i rimandi a Blade Runner, che del film-fumetto ha anticipato la forte stilizzazione delle immagini e, in particolare, delle sequenze d'azione violenta.

La regia di Snyder oscilla fra la quiete e la tempesta, alternando lunghi momenti introspettivi, quanto mai inusuali nel moderno cinema d'intrattenimento, a sequenze d'azione dilatate da un sempiterno ralenti (figlio di Matrix) all'insegna di un'estetica elegante sempre sull'orlo del patinato fine a sé stesso. Ecco, forse quello che manca a Watchmen-film è il corrispettivo dell'arditezza formale di Moore e Gibbons: Snyder raramente scarta dal sentiero tracciato da i vari Wachowski, Raimi e Scott, e per quanto i risultati siano soddisfacenti è impossibile non domandarsi cosa sarebbe stato di Watchmen con Terry Gilliam al comando.

Un merito di Snyder è senza dubbio l'aver assemblato un affiatato cast di semi-sconosciuti, fra cui spiccano il tenebroso Rorschach di Jackie Earl Haley (già candidato all'Oscar nel 2007) e Jeffrey Dean Morgan (il Comico), che con Robert "Iron Man" Downey Jr. non condivide solo una curiosa somiglianza fisica, ma anche - e soprattutto - un innato carisma attoriale.

Menzione speciale per gli straordinari titoli di testa commentati dall'immortale "The Times They Are A-Changin' " di Bob Dylan.

 

[I titoli di testa si possono ammirare al seguente indirizzo, per gentile concessione della compagnia che li ha realizzati: http://www.ropeofsilicon.com/article/the-watchmen-opening-credits-are-online ]

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