Moderatamente incuriosito dalla natura intrinseca della proposta*, m'accinsi alla cooptazione di cotanto "Apparentemente Obvio" suono-manufatto.

Sin dalle primissime affioranti suono-avvisaglie, un crescente brusio di sommesse interferenze baccanal/percussive attornianti il gironzolante svolazzio accordéonistico introitale, ci si rende subitaneamente conto che all'interno di ciò in cui si andrà a (felicemente) cozzare ci sia decisamente qualcosa che.. và, ovvero che il tutto procede, manifestandosi diversamente da come ci si attenderebbe, come (appunto) dovrebbe (sempre) essere.

La prima reale (dopo mica tanto ovvia intro) traccia "Colere" non svela del tutto gli archi a disposizione delle freccie (?) dei nostri recalcitranti para-Klezmeratori di (s)fiducia: la non ancora "abusata" fisarmonica dello svolazzevole (mai come in questo caso mi pare appropriato) Monsieur Yves Weyh, abile strumentista e motore pulsante del Zakarysta progetto, tende a creare un'unica e scorbutica ma digeribile amalgama, insieme al quadratissimo basso (elettrificato) ed alla disordinatamente percossa aggeggistica percussionale a disposizione. La reale natura inizia concretamente a manifestarsi a partire dalla (impronunziabile) frammentazione susseguente "Ein wirtschaftlich wertwoller jude" ove assistiamo ad un trattato scardinant-noise/fisarmonicistico con i contro.. fiocchi (o cotton fioc, se i volumi risulterànno troppo elevati e disarticolanti.. Fate Vobis) ove i toni, a tratti, vengono cospicuamente accidentati a base di elettriche sferzate; spettacolosa altresì "L'oeil" attraversata da voluminose scosse audio-sismico/telluriche neanche fossimo al cospetto d'una (recalcitrante e ingegnosa) autentica noise-rock banda: quasi una versione rumoros-tzigana degli spigolosissimi Cop Shoot Cop..

Oltreciò offrono la inusuale opportunità, al tutto sommato modico prezzo del Cd, di entrare nel loro "Shop", ricco di spiazzanti, coinvolgenti, arzigogolate, colorite suono-chincaglierie e surtout di intraprendere ben due ferrotramvieristici tragitti: "De Pinsk à Minsk", trasognata, nostalgica, suono-vagonata ove assistiamo in relativa estatica pace lo svolazzevole e godibile suono-circostante e la più crono-brevilinea, velocizzata tratta di rientro, "De Minsk à Pinsk", dove uno sconsiderato humus chitarristico/recalcitrante, di natura para-thrash-metallica, soverchia incontrastato: in toda franchetzia dei due previsti percorsi prediligerei quello di ritorno (lo sfascievole mononeurone, è notorio ai più assidui, risulta attratto dalle peggiori audio-pueril/nefandezze).

In Talleri l'opera in quaestionem, risalente oramai a trois anni or sono e secondo capitolo sulla lunga distanza per quanto li riguarda, risulta pregevolmente sfa(s)cc(i)ettata, multiforme, caustica, scarsamente allineata, intrigante e pluridirezionale, cosa chiedere di plùs ?

Chi ha detto "Un Lucano" ?

* quartetto di estrapolazione klezmer di stanza nella transalpina Strasburgo che manifesta la elaborazione - caso abbastanza raro, se non unico - del proprio modulo espressivo tra le fila del poliforme catalogo (aridaje) Zorn/Tzadikiano

 

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