Lo Sbadiglio dei Fiori Rossi.

Io capisco tutto… capisco che viviamo in un mondo brutto e che sentiamo continuamente il bisogno di buonismo e di volerci tutti bene tenendoci per mano in pianti liberatori e terapeutici… capisco pure il far leva sulla spontaneità dei bambini e sulla tenerezza che suscitano (sia sa che un bambino triste con gli occhioni che ti guarda piagnucolante funziona alla grande su ogni tipo di pubblico, e questo la pubblicità lo ha capito da anni!!).

Insomma, va bene tutto per raccontare emozioni ma scambiare questo “La Guerra dei Fiori Rossi” (2006) di Zhang Yuan per un vero e proprio filmone… questo è troppo per chiunque!
Un filmetto, diciamo, molto delicato (si usa dire “delicato” come quando si dice a una ragazza che è molto simpatica, per non dire che è un cesso, no?!) e leggero come un soffione di primavera che però, dopo un’ora e mezza di proiezione, ti viene anche da chiederti:”…embè? Dove tira il vento? Dove vuole andare a parare? Qual è il senso? Perché buttare via un’ora e mezza di una vita già arida e breve per tutti?”.

Sceneggiatura scarnissima per non dire inconsistente che affronta la storia di un bambino di 5 anni (Qiang) lasciato in una sorta di orfanatrofio/asilo verso il 1945 in concomitanza con la Seconda Guerra Mondiale. Più che un asilo, diciamo una specie di Lager di Prima Infanzia dove tutto viene organizzato su regole ferree para-militari e dove i riconoscimenti e le lodi, si tramutano i squallidi fiori rossi di cartapesta (usati al posto delle medaglie!): ogni fiore un premio, ogni 5 premi, se uno li merita per tutta la settimana, poi diventa “capoclasse” (questo si che è culo, aggiungo io ? )
Si narrano poi le gesta di questo discolo di Qiang che non ne vuol proprio sapere di sottostare alle regole del branco e che ne combina di tutti i colori (si piscia a letto, tocca il sedere alle bambine, fa a pugni con altri bimbetti, sale sulle vetrate, non fa la cacca quando lo impone la regola del mattino) fino a farsi escludere dalla vita di comunità e a chiudersi in sè stesso.

Un film con un’idea anche interessante se non fosse che manca di mordente narrativo e non ha davvero niente su cui aggrapparsi per appassionarci davvero: la storia latita, il protagonista, per quanto bravo e convincente, non si fa amare del tutto vuoi forse per il personaggio ostile e irascibile che interpreta, i maestri non sono né buoni né cattivi e gli altri bambini co-protagonisti non hanno niente di speciale né come attori né per quel poco che ci raccontano.

Cosa salvare? Senz’altro la buona volontà, la pazienza e la difficoltà del regista di riprendere decine di bambini di quell’età (dai 4 agli 8 anni) generalmente difficilmente gestibili a cui per altro è davvero impossibile richiedere la fedeltà a un copione. Quindi, supponendo anche un margine di improvvisazione del 50% viene comunque da chiedersi: ma perché fare un film masochista così e non, a questo punto, realizzare un vero e proprio docu-film? Ricordo infatti, sulla falsariga di questo, il film “Essere e Avere” del francese Nicholas Philibert ambientato in una scolaresca di Saint-Etienne sur Usson: un paesino della regione dell’Alvernia, situato al centro-sud della Francia. Un film anch’esso delicato e sottile ma che almeno aveva l’onestà intellettuale di presentarsi come vero e proprio documentario e uno veniva già psicologicamente preparato su quello che avrebbe visto.

Ripeto: questo “Guerra dei Fiori Rossi” promette bene all’inizio ma poi la storia fa acqua, si sfilaccia e della Guerra promessa nel titolo (ossia di tensione o conflitto) nemmeno l’ombra! Tutto scorre piatto, tutto avviene in maniera fin troppo naturale in una settimana qualsiasi di un normale asilo della Cina pre-conflitto. Ma si sa, l’eccesso di normalità non ha mai fatto bene al cinema e le storie dove, di fatto, non accade nulla di interessante o avvincente finiscono generalmente nel dimenticatoio senza aver nulla per farsi ricordare.
Qui, si salva giusto appena la spontaneità delle piccole azioni di questi bambini/carcerati intenti ad arrangiarsi alla bell’e meglio in una situazione non proprio idilliaca. Simpatiche e anche carine se vogliamo ma TROPPO POCO per costruirci attorno un film così.

A parte questo… tutto il resto è noia, non ho detto gioia, ma noia noia noiaaa.. come direbbe il nostro Califfo; il classico filmetto ne carne né pesce che verrà dimenticato nell’arco di un paio di giorni.
Anzi.
Di che film stavamo parlando?

P.S. Se il vostro tasso di masochismo non ne ha abbastanza, guardatevi il trailer qui, ma occhio a non farvi abbindolare dagli occhioni sgranati del protagonista, son furbissimi questi del marketing nel colpirvi dritti al cuore, eh?! ?

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