From progressive to electronic, dando il cinque a John Carpenter.
Capitolo successivo a quel "Surface To Air" datato 2006 (consigliato neanche a dirlo) che iniziava a definire meglio i contorni di questo progetto musicale iniziato qualche anno prima con cosmos, (tutti su Relapse), nel 2009 nasce "Spirit Animal".
Gli americani Steve Moore e Anthony Paterra formano un duo polistrumentale, perfetto equilibrio tra passato e futuro prossimo. Il vistoso adesivo rosso sul vinile parla chiaro: "recommended if you like: Tangerine Dream, primi Genesis, Goblin, Kraftwerk, Isis .....ecc.ecc." Mai fidarsi degli adesivi rossi, la Relapse non me ne voglia, ma per me, i miei due padiglioni auricolari contano di più. Prendete la cover dell'album, è lo specchio del suono Zombie. La maestosità e la prepotenza di un enorme pachiderma che si fa largo a modo suo spuntando dal nulla e lasciandosi tutto intorno una scia di polvere (stellare?).
Un' ora scarsa (58') per cinque lunghi brani strumentali entro i quali S. Moore, (basso e qualunque tipo di synth analogico) cresciuto con i libri di testo di Klaus Schulze e Jean Micheal Jarre, si fa accompagnare dal drumming ossessivo "Rush-oriented" di A. Paterra (anche ai sintetizzatori quando è in studio) per un risultato sorprendente.
Dalle due menti nasce un mix superbo di rock cosmico, di colonne sonore horror anni '70 (italiane e non) e di elettronica volutamente vintage. Il tutto sorretto da riff di basso elettrico e passaggi di batteria con sonorità riconducibili a certo rock-prog retrò. Per la prima volta in un loro lavoro compaiono scampoli di chitarra elettrica, dal suono glaciale, tali da spostare il tiro su lidi più progressive e meno elettronici.
Qui non trovano posto le jam psichedeliche e le "libertà" dello space-rock puro.
E' tutto molto razionale, teleguidato oserei dire dai sintetizzatori di Moore che disegnano serpentine per la mente. Se non ci fosse il prezioso lavoro di batteria (ottimo Paterra) come sottofondo e un basso circolare e martellante a scaldare un po' l'ambiente sarebbe tutto troppo siderale, riducendo il disco ad un banale monologo di sintetizzatori. Lungo pattern infiniti e sequenze di tastiere ossessive, fanno comparsa i fantasmi degli Yes nelle parti più sinfoniche, a metà tra Air e Vangelis in quelle più ad ampio respiro e dei Goblin di Simonetti in certi intrecci basso/tastiera.
Punto di forza, quella caratteristica che io amo definire (pur sapendo di risultare sgrammaticato) Release & Pressure. La capacità di dosare il piede sull'acceleratore, di montare e rilasciare la tensione emotiva all'interno di lunghe composizioni come queste. Caratteristica peculiare delle band che vogliono creare un gap qualitativo sulle altre, a maggior ragione in questo caso, trattandosi di brani completamente strumentali in cui la linea guida melodica è dettata esclusivamente dalla musica e l'attenzione è tutta concentrata sulle pieghe che prende quest'ultima. Loro lo sanno fare bene, creando vere e proprie soundtrack, in cui perdersi e farsi trasportare. (cosa che ho provato in prima persona).
Ricordo l'autunno scorso. La prima volta che ascoltai queste 5 tracce.
Partendo dalla title track passai attraverso la splendida "Spirit Warrior" già con i contorni della strada che si facevano tenui e abbozzati. L'ipnotica "Earthly Powers" sgombrava la mente da ogni pensiero che tentava di insidiarsi vanamente in me. Solo lo spuntare di tanto in tanto dei fari allo xeno, trapanandomi le pupille mi riportavano temporaneamente alla realtà. Il resto lo fecero l'ossessivo refrain di "Cosmic Powers" nelle tempie, prima di giungere ai 17' di "Through Time". Con i muscoli del collo completamente rilassati e la testa a ciondoloni. Mi prese per sfinimento. Il finale sono tre minuti di dissolvenza, suoni che si fanno leggeri, calano d'intensità galleggiando nell'aria. E' lo stesso effetto del passaggio in una camera di decompressione. Solo allora sbattendo le palpebre mi chiesi dove fossi stato in quell'ora scarsa. Me lo chiedo tuttora e non ho una risposta. Questa fu la "sensazione" che provai ascolatando "Spirit Animal" ed è anche il motivo che mi ha spinto a scrivere ciò che avete letto.
A rompere il silenzio, il borbottìo di un diesel che si allontana. Lo stridere della lamiera metallizzata contro quella grezza dal guardrail ciò che mi rimase in testa. Un suono tremendo nel cuore della notte, se ci pensate... Di certo quanto il barrito di un elefante imbizzarrito. Già.
Poi solo freddo.
Il parere del commendatore Bossolazzi:
Un suono epico che sa di bobine cinematografiche. 4 nespole, au revoir.
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