Ho sentito il bisogno di scrivere questa recensione perché mi è sembrato davvero strano che nessuno in questo sito l'avesse fatta prima di me. Sono stati recensiti tutti gli album di Sugar, ma questo no.
Perdonatemi, ma è davvero strano. So che andrò incontro a critiche, magari pesanti, di persone che non condivideranno affatto quanto scriverò, ma in proposito va fatta una precisazione: Spirito DiVino non è il miglior album di Zucchero Sugar Fornaciari, ma secondo il sottoscritto sì. Si tratta, quindi, di una recensione del tutto soggettiva.
Si comincia con Voo Doo Voo Doo, divertente e dissacrante. Basta dire questo, perché è solo un'introduzione. Imperdibile la linea di basso che costruisce Polo Jones nella ritmica della canzone. Con la successiva Datemi Una Pompa il ritmo non diminuisce, il testo rimane ancora pregno di toni allusivi al sesso, ma comincia anche a saltar fuori l'incazzatura di Sugar. E per questo forse la canzone non si chiude, ma semplicemente "diventa" il successivo brano. Così, dopo l'ultimo tormentato urlo di Zucchero comincia l'ossessivo riff di chitarra di O.L.S.M.M. , e con lui anche la musica di alto livello. Gli arrangiamenti di questa canzone sono straordinari. Il grande David Sancious aveva già fatto "impazzire" le tastiere sia in Voo Doo Voo Doo che in Datemi Una Pompa, ma qui sembra davvero trovare la giusta collocazione, come tutti gli altri musicisti. In particolare lo straordinario bridge di questa canzone, un climax di perfetta efficacia che comincia dopo il secondo ritornello: dalle voci che inneggiano "Shake it!" al solo di armonica che, crescendo d'intensità si trasforma in un solo di sax che a sua volta esplode nel cantato di Sugar. Un grande pezzo, certamente già sperimentato da Zucchero nei lavori precedenti, ma che nulla ha da rimpiangere alle sue predecessori Solo una sana. . . e Il Mare Impetuoso. . . Questa volta il brano ha una chiusura, ma le emozioni certo no. Anzi. E' il momento di uno dei momenti più alti del disco: Pane E Sale, ovvero il secondo, fortunatissimo incontro tra il Nostro e Francesco De Gregori. Mettendola a confronto con la precedente Diamante non saprei davvero scegliere fra le due. Certo è che quando Zucchero mette in musica le poesie di De Gregori si ottengono risultati davvero elevati. L'atmosfera evocata da Pane E Sale si presenta come qualcosa di unico nel panorama musicale italiano ed è a mio giudizio uno dei traguardi più importanti che abbiano mai raggiunto i nostri cantautori. Il suono di questa canzone è sempre saturo e gonfio: dai bassi tamburellati da un tocco leggero agli "spazi" irreali evocati dagli accordi pieni dei sintetizzatori. Non dirò altro, l'unico modo per rendersi conto della bellezza di questa canzone è ascoltarla.
Ho sempre interpretato questa prima parte del disco come un corpus unico perché davvero la qualità musicale e le emozioni che emergono sono avvertite come un climax ascendente di un'intensità più unica che rara. Non so se sia stato un effetto volutamente ricercato da Zucchero (a me certo piace crederlo) certo è che queste sono le sensazioni che avverte un ascoltatore che gode questi primi quattro brani nell'ordine del disco. E siamo, comunque, solo ai primi quattro.
Dopo Pane E Sale è il momento della mega-hit X Colpa Di Chi. Certo, sarebbe stato bello se dopo la track n. 4 il livello fosse cresciuto ulteriormente, ma sarebbe stata anche impresa assai ardua. In X Colpa Di Chi Zucchero si abbandona alle sue ironie e ai suoi non-sense su una base armonica edificata da un pianoforte esagitato (bravissimo Sancious ancora una volta). Brano assolutamente godibilissimo, anche se stra abusato, che si avvale ancora una volta di un buon bridge. Chiusa la parentesi, comincia un altro straordinario brano. Certo i testi migliori di Zucchero, sono stati costruiti a quattro mani con i fidi Panella e Salerno o addirittura lasciati scrivere a cantautori del calibro di Gino Paoli e De Gregori. A volte però sono integralmente di Zucchero: Il Volo è una delle più belle canzoni partorite interamente dal cantante. Le atmosfere evocano scenari quasi irreali, benché gli elementi naturali siano i veri protagonisti del viaggio di quest'uomo che "sogna qualcosa di buono". E' noto che il fantasma della ex-moglie tornerà per sempre a tormentare l'animo di Sugar, ma è proprio l'energia di questo sentimento incontrollabile che si traduce poi in canzoni così memorabili.
La successiva Senza Rimorso non abbandona i toni malinconici e nostalgici, anzi sembra immergersi pesantemente in un percorso quasi opposto a quello del brano precedente. Mentre prima si cercava di volarne via (anche se inutilmente, come recita il verso "Siamo caduti in volo"), questa volta le atmosfere sono molto più cupe e profonde. Ancora una volta il bridge è la parte più significativa della canzone: di una semplicità disarmante, sia nel testo che nella linea di pianoforte di pochissime note, ma proprio per questo di un'efficacia emotiva essenziale. Papà Perché è dedicata al padre. Zucchero racconta dei suoi amori, dalla sua infanzia al blues, e lo fa attraverso toni ancora nostalgici, ma nonostante tutto, l'artista sembra avvertire momenti positivi. E' poi il momento di Così Celeste, un'altra ballata straordinaria, dal sapore quasi natalizio, che evoca ancora una volta i topos "sugariani" del sole e gli astri. Come in Madre Dolcissima, la vocalist Lisa Hunt regala un vocalizzo straordinario in chiusura del brano. Alleluja è (forse) il brano meno riuscito dell'album: l'impressione è che manchi il tiro e la convinzione dei brani precedenti. Ancora una volta si avvale di un testo profano (scritto da Jovanotti) con espliciti riferimenti sessuali.
Detto questo, mi sento in diritto di considerare Spirito DiVino come uno dei migliori album italiani di sempre e allo stesso tempo essere consapevole del fatto che questa affermazione va incontro a mille contestazioni. Ma non importa, so che molte di esse sono anche giustificate anche in virtù del fatto che l'immagine di Zucchero è parzialmente scaduta. Album come Bluesugar o Zu & Co presentano alcune canzoni che certo non possono essere chiamate tali. Ma si sa, è sempre più facile parlare male delle cose, piuttosto che parlarne bene.
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