Anno 2001. "Fire Walk With Us” viene rilasciato. Dopo il violentissimo gancio destro di “Kali Yuga Bizarre”, gli Aborym attaccano ancora con un tremendo montante SINISTRO, in pieno volto, alla musica estrema. Ma facciamo qualche passo indietro!

Nel lasso di tempo che intercorre tra la pubblicazione dei due album, gli Aborym si separano dal cantante Yorga e Attila Csihar entra in pianta stabile nella band, per un sodalizio che segnerà molto una parte della ventennale carriera dei nostri. 

Con questo cambio di formazione comincia la seconda fase della vita degli Aborym.

La band (ora stabilitasi a Roma), a due anni dal successo e dall’hype destato dal primissimo disco in studio decide di non accontentarsi affatto di tutto ciò e di stravolgere la propria musica. Lo stile e quel primissimo marchio impresso con il debut-album rimangono, ma la ricetta sonora è iper-arricchita, totalmente più oscura e di una pesantezza travolgente, devastante, ORRORIFICA!

Il fuoco è sinonimo di distruzione e noi siamo consapevoli di aver realizzato un disco DISTRUTTIVO. La luce che brucia e distrugge, ma anche qualcosa di intoccabile che purifica. Il fuoco. Pan. Panico e quindi paura del tutto che è nel tutto. Attraversare le fiamme senza bruciarsi. “ Fabban, 2001

Il fuoco.
Entriamo a contatto con questo elemento già dalla copertina realizzata da Fabban, come su “Kali Yuga Bizarre”, e anche solo da essa si intuisce che “Fire Walk With Us” (titolo di Lynchiana memoria), non è un album come tutti gli altri. Un rosso incandescente che avvolge e inonda un isolato reame di industrie, su cui si stagliano due elementi fondamentali: uno spicchio di sole, fluorescente, radioattivo, acido ed il viso nascosto di un demone, che osserva colui che sta per essere risucchiato dalla musica che lo attende all’interno dell’album. Nel booklet, tra i ritratti dei componenti della band, in un cut-up fotografico fuori dal normale, si eleva una frase, una dichiarazione d’intenti, una MINACCIA…
[Adore us or hate us... but don't try to imitate us, 'cause we don't really belong to the same planet.]

Spariamo “Fire Walk…” sullo stereo e parte la violenza di “Our Sentence”. Subito ci colpiscono i nuovi elementi che rinnovano e incattiviscono la musica degli Aborym. L’oscurità industriale dei suoni, la produzione meccanica che rende il cinico e alienante martellare della drum-machine, un sinistro eco nel nostro stesso subconscio. E poi la prova di Csihar, teatrale ed espressiva, sul marasma sonoro e cadenzato, costruito dalla mole dei suoni, dei campionamenti e degli effetti incastonati ad uno ad uno nel tessuto sonoro della canzone. Come se non bastasse i riff di Sethlans e Nysrok, terribilmente catchy ma complessi allo stesso tempo, ci ingannano, ci ipnotizzano, narcotizzano l’ascoltatore che non fa a tempo a trovare un po’ di conforto nel quasi rassicurante groove finale della canzone che urla, esplosioni, marce militari e acuti sgraziati lo portano sul baratro del terrorismo sonoro più assoluto che si chiama “Love The Death As The Life”, titolo programmatico, per quello che è uno degli episodi più cruenti e aspri del disco. 6 minuti di bombardamento musicale, in crescendo, che ci colpiscono e ci impauriscono dimostrandoci quanto gli Aborym abbiano, nell’aggressione musicale i loro più grandi punti di forza. “White Space” è inquietante, per i suoi sample e per l’atmosfera che riesce a scatenare. I riff, cinematograficamente sublimi ci trasportano fino alla quarta traccia, la title-track. 
Un inizio arpeggiato su "strani" rumori e, in modo subitaneo nel susseguirsi del minutaggio, l'immediata valanga causata da uno degli attacchi più feroci di sempre della musica degli Aborym. Una traccia che chi scrive, personalmente, fa quasi fatica a raccontare, tanta è la magnificenza e la ricercatezza sonora che la permeano, e la rendono quasi assurda, irreale… oltre il concetto stesso di extreme-metal.

I nostri ascolti non-metal hanno influito parecchio, ma la voglia di "andare oltre" e sperimentare senza limiti e freni è un elemento innato che accomuna un po' tutti i componenti di Aborym e credo sia questo l'imput più importante.” Fabban, 2001

Un battito di ciglia, la traccia numero quattro si dissolve e ci ritroviamo direttamente ad un rave negli abissi dell’inferno. L’esperimento di “Here Is No God S.T.A.” agita ed infiamma le nostre sinapsi con fendenti hard-techno che recitano:

[Bury your fears, nothing is real,
Listen to the voice, comes from beyond.
Fear is the enemy, remember you are
Nothing to learn, there is nothing to learn.
Don't want to live, but don't want to die,
Don't think but know, no punish from God,
No more religions, we are the one,
Here is no hell, there is no God
!]

Tutto questo è Aborym. Anarchia musicale e coraggio nello sperimentare, nel superare ogni barriera musicale, nell’innovazione. In nome dell’estremismo, in nome del non seguire le regole con la sola ambizione di porre sulla musica un sigillo sempiterno ed incancellabile.

Raggiungiamo la metà dell’album e ci appaiono i due episodi forse più bui e tetri dell’album “Total Black” e “Sol Sigllium”. Inarrestabile e minacciosa la prima, più ragionata e solenne la seconda, fungono da preludio alla cover, cantata da Fabban, del classico di Burzum: “Det Som Engang Var”. Gli Aborym reinterpretano una delle canzoni più famose del “Conte” alla loro maniera, rendendola sì riconoscibile, ma integrandola con l’atmosfera del disco e chiudendo in modo egregio l’ondata sonora del loro secondo album. Ma la perversione sonora di “Fire Walk With Us” non finisce qui!

C’è ancora una traccia, intitolata “Theta Paranoia”, attraverso la quale gli Aborym, spietati scandagliatori dell’occulto e dell’alchimia sonora, creano un esperimento servendosi delle onde Theta. Fabban descrive l’esperimento in questo modo: “Queste onde agiscono su determinati apparati cerebrali e inducono ad un tutto sommato piacevole clima di estasi, una sorta di attività shamanica cosciente… […] È ovvio che bisogna avvicinarsi a questi "esperimenti" con un minimo di irrazionalità! Se si è già prevenuti è difficile ottenere i risultati desiderati e credo che in pochi riusciranno a godere di tutto questo sforzo, di questa sperimentazione che ci ha portato via diversi mesi. L'importante è realizzare di aver creato qualcosa di realmente attivo. Mi basta sapere questo. Non esistono limiti, questo è ciò che penso e questa è l'unica cosa che ci spinge ad osare e voler ottenere risultati sempre più "forti", difficili, clinici… Partiamo dal presupposto che tutto è energia. Proveremo tutto e realizzeremo tutto poiché la mente umana è un labirinto infinito, non esistono limiti di spazio e di tempo.” Fabban, 2001

“Fire Walk With Us”, poco supportato dalla Scarlet Records incontrò delle difficoltà che non impedirono comunque agli Aborym di conseguire seppur tardivamente un prestigioso traguardo. La famosa rivista Terrorizer infatti, circa un anno dopo l’uscita dell’album lo nominò ALBUM DEL MESE, contribuendo a far aumentare al four-piece italiano, il prestigio e la notorietà, anche fuori Europa e premiando sì la genialità, ma anche la fatica e i tanti sforzi compiuti dalla band.

Gli Aborym con un disco apocalittico e ormai leggendario come “Fire Walk With Us” hanno saputo fondere la primordialità di generi come il Death Metal, il Thrash Metal ed il Black Metal con l’innovazione e la stravaganza dei generi da dance floor, del mondo dei rave e della musica ambient. Hanno saputo creare dal nulla la potenza, dal vuoto il fragore del tuono, e da tutte le influenze, assimilate ed apprese da ogni scuola musicale, un virtuoso e roboante golem che divora e distrugge tutto ciò con cui viene a contatto e che li rende i capostipiti di una NUOVA SCUOLA, un nuovo genere che orbita a 360 gradi sui parametri più inesplorati del suono musicale senza seguirne le regole, ma plasmandone delle nuove per la musica che verrà.

Perché “Fire Walk With Us”, non è solo storia… è un album che proviene direttamente dal futuro.

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