Sebbene al primo ascolto possa sembrare che questo disco sia composto da tracce troppo uniformi e apparentemente monotone, ben presto ci si accorge che sempre più dettagli si aggiungono alla struttura portante, costituita da chitarre brillanti, fredde e chirurgiche.
Tutti i particolari creano un incubo delirante e morboso assolutamente in linea con il concept dell'album, un viaggio assurdo e allucinante nei meandri della pazzia dell'animo umano. Dopo qualche ascolto la sensazione è che in questo disco tutto sia necessario e complementare, ogni cosa è al suo posto, risultato ottenuto grazie anche a una produzione precisa e metodica che però non perde mai di intensità e calore.
Bella l'idea di impostare il disco quasi come un'opera classica, ma in maniera atipica e moderna, con le tracce collegate e amalgamate tra loro in un susseguirsi ciclico, quasi doom e ripetitivo di riff. L'equilibrio e l'uniformità del concept album sono accentuati anche dalla scelta di intitolare le canzoni con singoli numeri.
Dopo un intro molto "eloquente" riguardo al tema narrato, il disco inzia sparato, con un Bard Faust più dinamico del solito, impressione che emerge anche per la scelta di suoni più veri e naturali, e Hell:I0:Kabbalus che macina riff gelidi e spesso contorti, pur rimanendo non troppo ostici.
Fabban per la prima volta da solo alla voce principale, è riuscitissimo, non manca mai di dare espressività al tutto con perfette scelte metriche che risultano spesso catchy.
L'uso dell'elettronica è una scelta stilistica da sempre alla base del progetto Aborym e anche qui è assolutamente mirata, dà intensità e accompagna i pezzi in maniera eccellente.
Ottimo il lavoro di tutti i musicisti e degli special guests che hanno partecipato tra i quali Giulio Moschini degli Hour of Penance, Davide Tiso degli Ephel Duath, Karyn Crisis, Pete dei Blood Tsunami, il sassofonista Marcello Balena.
Probabilmente questo non è il classico disco che tutti si aspettavano dagli Aborym, o comunque non è puramente metal. E' uno di quei dischi che qualcuno risentendo tra dieci anni non smetterà di riscoprire, accorgendosi di particolari che non aveva notato, e questo non può che essere positivo.
Un album assolutamente godibile e di tutto rispetto, che pur non aggiungendo nulla di nuovo apparentemente ai precedenti lavori, si discosta dal predecessore risultando meno thrash death core, ma più innovativo e old style allo stesso tempo, più maturo concettualmente e a livello di arrangiamenti; con una produzione in cui nessuno strumento predomina sugli altri (da notare che il basso stavolta si sente ed ha subito un notevole lavoro di arrangiamento).
La bella produzione di Emiliano Natali, apparso anche come guest, centra in pieno l'obiettivo del disco dando forma a quell'atmosfera particolare che rende questo concept album molto comunicativo.
Assolutamente un ottimo cd, che io personalmente ho aggiunto con vero piacere sullo scaffale dei cd. Ma credo che questo valga per molte altre persone oltre al sottoscritto.
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