Ok. Questa è bella lunga. Rilassatevi. Assicuratevi di avere tempo, birre ghiacciate in frigo e tanta, ma tanta pazienza, per la recensione di un disco tanto ostico, scorbutico, complesso, quanto intrigante, affascinante, unico.


Nel 2003, dopo il successo ottenuto grazie a Kali Yuga Bizarre, esordio leggendario, ed al secondo full-length, Fire Walk With Us, dischi che diventarono in poco tempo dei simboli della corrente più oscura ed avanguardista legata al metal estremo, sotto l’egida della nostrana Code666, gli Aborym pubblicarono il violentissimo e ferale With No human Intervention.


Questo album, pregno di una futuristica ed espansa maturazione stilistica, consolidò ulteriormente la posizione della band di Fabban in mezzo ai mostri sacri dell’Extreme Metal internazionale.

Durante questo periodo, non mancano affatto le difficoltà. Nel Novembre del 2002 infatti, il cantante Attila Csihar viene arrestato per possesso di droga. A seguito di questo fatto, si scatenano le critiche sulla band e sul suo percorso musicale. Fabban e gli Aborym però, non si fecero minimamente intaccare da tutto questo “fango mediatico” e continuarono a sputare sangue e a macinare chilometri sul nuovo album, che costituirà una vera e propria metamorfosi per il Kampfgruppe italico.
È qui che comincia la nuova era degli Aborym ed un rinnovamento a 360 gradi. Un nuovo logo, un nuovo approccio visivo, fatto di face-painting fluorescente e un’iconografia proveniente dal mondo dei rave, ma soprattutto un’attitudine distruttiva e corrosiva, elettrica, magneticamente legata al chaos urbano e a tutto il male che l’uomo ha fatto al pianeta che lo ha generato.

With No Human Intervention è un vaso di pandora colmo di veleni e di rabbia verso tutto il peggio che l’essere umano è: invidia, corruzione, ipocrisia, smania di potere, egoismo, soldi, perversione, moralismi… e infinite, tremende, pesantissime, vagonate d’odio e disprezzo verso tutto ciò.

Come dare a tutto ciò una perfetta cornice musicale, all’altezza dei forti argomenti trattati? È presto detto: nelle quattordici canzoni che compongono WNHI, la violenza la fa da padrone. Una violenza cibernetica, alienante, figlia delle macchine, inarrestabile, che perfora con potenza di fuoco le nostre membra. E gli Aborym per fare ciò, non agiscono da soli. Numerosi i guest che partecipano alla composizione di questo disco, in nome della potente amicizia che lega i membri della band nostrana a quelli di altre importanti realtà musicali internazionali.

Bard Faust, (colui che dal prossimo -Generator- diverrà il batterista vero e proprio della band), da il titolo all’album: With No Human Intervention, a simboleggiare l’appartenenza della musica che vi è all’interno, a mondi ultraterreni, inumani, futuristici.
La cover del cd riporta, come detto in precedenza, il nuovissimo logo di Aborym, magniloquente, che si staglia su un paesaggio oscuro di industrie che ricorda i complessi di Fukushima o Chernobyl pre-disastro. Da esse emerge un cumulo di nubi grigie e dense, che sembrano quasi il trono ad una figura antropomorfa, un angelo, che osserva tutto ciò che è ai suoi piedi e alimenta l’alone di mistero e desolazione, di oscurità e malignità, che già solo la copertina fa trasparire.

Nulla è lasciato al caso, neppure nel booklet, realizzato ancora una volta da Fabban e da Fabio Timpanaro e con l'importante apporto di Lorenzo Mariani. Giacciono incastonati tra le pagine che riportano i testi delle canzoni, i dipinti Monolito Nero di Danilo Capua, Dance Uber Alles di Kurse assieme ad altri numerosi fotogrammi abrasivi, evanescenti, erotici e malati che fomentano l’immaginario visivo targato Aborym.

La voce meccanica di una bambina in “Antichristian Codecapre le porte dell’inferno!
Viaggia supersonica, con una drum machine carica a pallettoni, la titletrack dell’album; violenza senza compromessi, cantato nuovo, in screaming, da parte di Attila Csihar, come sempre in parte recitato, ma soprattutto un marasma denso e corposo costituito dalle chitarre, suadenti e ibernate tra campionamenti, effetti sonori e sbuffate di sintetizzatore. Sei minuti di ferocia incontrollata, irrefrenabile che continua nelle due successive tracce “U.V Impaler”, che contiene parti in ungherese (lingua natia di Csihar), dal finale travolgente, e “Humechanics Virus”, canzone aliena in tutti i sensi del termine. Geniali i riff inframezzati da pulsazioni elettroniche, nell’andare sempre più in crescendo della canzone, che già dal primo ascolto lascia disarmati, Un breve break con “Does Not Compute”, composta da Matt Jarman di OCD/Void, canzone che oscilla tra la Drum’n’Bass/Breakbeat schizoide di Venetian Snares e certo Dark Ambient industriale di meta anni ‘90.

D’ora in poi, solo pugni in faccia per il susseguirsi del disco... Se “Faustian Spirit Of The Heart”, il cui testo è stato scritto da Bard Faust, è magica, per i suoi attacchi che colpiscono, confondono, nel continuo mischiarsi tra tinte Extreme Metal dell’anno 3000 e Hard House ipnotica e martellante, “Digital Goat Masque” è più ragionata, più strutturata (con quel suo interludio di Scarlattiana memoria), in quello che è il sottofondo perfetto ad una notte illuminata dal bagliore dei funghi atomici.

The Triumph” è la canzone più bella del disco. È un capolavoro, è la PERFETTA Aborym-song. Un inizio tantrico, shamanico a cui seguono ritmi cadenzati, epici, da marcia militaresca. E poi violenza, violenza a tonnellate, per via dell’uragano scatenato dal continuo battere della drum machine, dalla prova di Csihar, dalle due asce Nysrok e Set, e dal pulsare frenetico del basso di Fabban. E se il passo estratto da “Conjure” di Pitchshifter, carica di energia negativa l’animo dell’ascoltatore, quello estratto da “Come To Daddy” di Tumor, amplifica l’essenza malata, deviata, pornografica dell’attacco a 360° degli Aborym, a dimostrare non solo una notevole efficacia compositiva, ma una sapiente coscienza dei propri mezzi.

I nostri sanno come e dove colpire il fruitore di cotanta musica, attingendo sì a piene mani dal metal, dall’elettronica o da altri generi e creando un inscindibile ibrido sonoro, un unicum musicale che unisce alla perfezione , ma senza farsi influenzare, ogni elemento di cui è costituito.

Black Hole Spell”, “Metal Striken Terror Action” e “Out Of Shell” sono tetre e spettrali, alternano momenti da guerra tra cyborg, a momenti estrapolati dai rave più sfrenati, ed anticipano la nichilista “Chernobyl Generation”. Tinte interamente Hard House per la canzone più elettronica del disco, dal testo cinicamente programmatico.

Due guest molto importanti collaborano nella rockeggiante “The Alienation Of A Blackened Heart”, Mick Kenney degli Anaal Nathrakh suona la batteria, e Nattefrost dei Carpathian Forest si sostituisce a Csihar, per una prova che esce per un istante dallo stile serio e violento degli Aborym e ci porta in un divertente esperimento Black’n’Roll. Chiude il disco, l’elettrizzata strumentale “Automatik Rave’olution Aborym”, quando il display recita un’ora e sette minuti e sentiamo un tremendo mal di testa risuonare tra le pareti del nostro cervello.

With No Human Intervention è il figlio malato della tecnologia resa musica. È futuro, avanguardia, sperimentazione, trascritta in note musicali.
Il miglior album mai concepito in quel sottogenere schizofrenico e convulso chiamato Industrial Black Metal.
Il suo manifesto.

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