Può un disco vivere solamente di due singoli? Il primo brano, numero 1 del lato A ed il secondo brano pezzo n. 1 del lato B? Può esistere un disco fatto da (due) canzoni di serie A, prodotte dal mainstream (ex)rocker Phil Collins ed otto, prodotte invece (e con un sound, talaltro, qualitativamente migliore), dagli autori dei pezzi più il meno conosciuto (a dire il vero storico produttore che si specializzò poi nel new romantic movement) signor Richard James Burgess? Può esistere un disco-innesto di due tipi di materiali diversi? Ovvero i due singoli ruffiani di cui sopra, composti prima, incisi prima, ed immessi nel mercato dei 45 giri prima dell'LP, ed i restanti otto brani, composti all'ultimo minuti alcuni, ripresi dal cassetto di canzoni scartate altri, suonati ed incisi per un LP che ha l'imperativo categorico di limitarsi a farsi trainare dai singles, e nulla più?
"Freind Or Foe", dell'anno prima, è andato più che bene, ed addirittura lo sbarco in America è stato un continuo ripetersi di pienoni. Nel 1983 Ant è nel gotha della musica in Inghilterra, la sua faccia è su tutti i giornaletti per adolescenti, su tutti i posters e le t-shirts. Praticamente lo Scialpi inglese. Questo vortice di successo prende in pieno Adam, un tipo un po' fragilotto ad onor del vero, sollevandolo parecchio da terra. In pieno new romantic, questo (veramente) bel giovane (mica Tony Hadley!) con l'attaccatura del capello a dirla tutta un po' altina (e che andrà sollevandosi ulteriormente negli anni a seguire), non è più un punk, né tantomeno un rocker, e forse non è neanche più un cantante: è un'immagine patinata riflessa in un gioco infinito di specchi. Questo disco, che ne è la perfetta riprova, dal titolo emblematico sullo stato delle cose nell'anno di grazia 1983, vede il gigolò del rock mutare in gigolò e basta, che nei rari momenti in cui non scopa nei fienili della brughiera (come si evince dalla copertina dell'lp), passa il tempo a scrivere canzoncine, divertendosi ad raccontare/inventare le sue storie d'amore e di sesso, ad invertire il gioco delle parti, a metterci allusioni piccanti...
Nel primo brano, ovvero la titletrack, Adam interpreta à la Elvis le strofe su una chitarra da tre soldi ed una tastiera da due e canticchia il ritornello (che arriva troppo spesso, oppure le strofe sono troppo poche), mentre Collins è alla batteria (ma solo nei "suoi" brani). Altra guest è Frida degli ABBA, che recita, in una "specie di special", la prima strofa del brano (ovviamente ospiti una che ha venduto 100 milioni di dischi e non la fai neanche cantare). Nota positiva lo spazio ai violini, intramezzati dai fiati. Un pezzo facile facile - ed un po' banalotto - come questo potrà vendere quanto gli pare - anche grazie al bel videoclip -, ma può da solo tenere un lato di un 33 giri? A seguire "Baby Let Me Scream At You", che sembra composta per "Love Boat". Qui il nostro veste uno smoking bianco e ci regala uno stilosissimo e godibilissimo gioco, un girotondo di note attorno al nulla, roba capace di rendere Cliff Richards un artista impegnato. Echi di rock sbiadito nello special (gli specials saranno sempre un po' sgraziati, e maluccio s'"incastoneranno"), che però si riabilita al cospetto dei puristi del genere "canto per scopare" con quel "beaucoup de chocolaaaaaat" finale.
"Libertine" comincia gradevolmente con dei fiati, parte un motivo di tastiera accompagnata da percussioni chill. Delicata, la song, ma troppo, troppo innamorata di Adam Ant. Ritornello poco orecchiabile ma ovattatissimo. Un buon sax al solo, energico, uno special ripetuto, sempre un po' sgraziato ma sopportabile, grazie al quale sfuma un brano stiloso ma senza cuore. Spettacolare l'accompagnamento per "Spanish Games", imitazione di musiche da sangue e arena, stereotipatissimo con allusioni tipo "matami col tuo amore" eccetera. "Vanity" nasce sulle ceneri di "Libertine" (minchia che titoli insopportabili!). Priva però di fiati, con un inzio new wave, un basso che sembra John Deacon in "Another One Bites The Dust", due note di piano così paracule che manco Richard Clayderman. Purtroppo, però - quando parlavo male degli specials - parte un innesto di rhythm & blues sparato: Adam ha bisogno senz'altro di dimostrare a tutti (se stesso incluso) di esser (stato) un rocker. Poi però, quando lo special finisce e riattacca il ritornello - con intramezzi di falsetto di Adam - ci si rende conto che questa canzone è stavolta veramente di classe. Onanismo (di qualità) piuttosto che amore, ma pazienza.
Ed eccoci al lato B, o sarebbe meglio dire al lato "Puss N'Boots". Comincia con un miagolio e dei coretti simpatici che faranno sempre e solo "Puuuu-us/Boooo-oots". Collins si diverte a rullare tra un verso e l'altro, tra strofa e ritornello. Probabilmente nel 1983 pensava che se l'avesse scritta lui, questa canzoncina carina e sciocchina, col suo nome, avrebbe venduto una ventina di milioni di dischi in più (con conseguenti profitti). La storia è di una pussycat di paese che va a Londra in cerca di successo, e che lo ottiene al punto tale che te la vedi incoronata regina del Regno Unito. Solo di chitarra che fa miao e special con tastiera che va "gattoni". Il pezzo comunque è simpatico, in pieno stile Antmusic, volutamente paraculissimo, dal testo, comunque, che fa ben capire che il tizio in questione è uno di quelli che, quando scrive, sa bene cosa vuol dire 'andarci giù pesante'. Purtroppo la BBC non gradisce e censura. Unica nota stonata di questo esempio friendly-pop? Proprio la produzione di Phil Collins. Orribile come il suono esce dalle testine. Basta paragonare il suo sound con quello, più delicato e lieve, ma soprattutto più aperto, della successiva "Playboy" (IO ODIO QUESTI TITOLI). Anche nella musica, questa canzone è parente stretta di "Libertine" e "Vanity", per il sound oltre che per la cosa che ho già detto mi fa vomitare. Poi, all'improvviso, parte una sorta di coro di boyscout: altro non è che il ritornello, sopra a tastiere soffuse ma un po' baggiane. Su un delicato lavoro basso-batteria, recita/corteggia con le sue strofe, il nostro Adam Ant impomatato con una rosa rossa all'occhiello del suo smoking. Lo special in falsetto dello sbruffone è quasi hard-rock ("a lei piace Johnny a lei piace Joe but they both ignore her so") ed il breve lavoro di chitarra a seguire è semplice ma indovinato. I ritornelli si ripetono mentre da sotto prende vita, e man mano anche volume, una seconda canzoncina, in coro e fischettante, dei "playboyscouts", dei figoni in pantaloncini e calzettoni alle ginocchia.
In "Montreal" Adam s'è tolto lo smoking ed indossa una vestaglia di seta, probabilmente quella che indossava Villaggio in "Fantozzi in Paradiso" prima di "sedurre" la signorina Silvani. Giochicchia col cool-jazz e fa filtrare la sua voce "come solo noi veri strafighi sappiamo fare"; poi c'è un discreto ritornello. Il pezzo merita una "la salvezza" grazie soprattutto ad una splendida chitarra elettrica, che sta al gioco nelle strofe e si muove toccante (ma non languida) nel ritornello. Adam, comunque, è parecchio migliorato nei falsetti. "Navel To Neck" è bruttissima dall'inizio alla fine, sembra un'antsong lasciata fuori da LP precedenti, con quegli "ooh" sul ritornello. La finale "Amazon" salva il salvabile con una buona new wave tra chitarre scandite, il suo falsetto sexy, uno special rhythm and blues (stavolta decisamente un innesto più felice) ed un finale in crescendo con tanto di spelling del titolo in coro.
Che dire? Episodi pop da classifica a parte, idiosincrasie del de-recensore per i dischi "raffazzonati alla ben'e meglio" a parte, carenze progettuali a parte, new romantic a parte, anni ottanta a parte, Inghilterra a parte, in questo disco restano otto canzoni delle quale tre sono inutili, inservibili a chi dovrebbe ascoltarle e nocive alla credibilità artistica di Ant. Belle le musiche delle tre sorelle "Libertine", "Vanity" e "Playboy" (sembrano, ovviamente a parte la terza che lo è, riviste di donne nude), mentre solo caruccia è "Montreal". Tutta questa delicatezza compiaciuta e consapevole non è però messa al servizio di un artista che ha voglia di fare un disco di classe (un Brian Ferry ispirato), piuttosto è ulteriore gas per un pallone gonfiato in vena di celebrare se stesso ed il nuovo mondo che lo ha accolto come nuovo confratello, quello dei Cliff Richards - e dei Brian Ferry quando non è ispirato -, quello dei "fratellini del new romantic", quello degli "artisti che nel 1983 piacevano a Phil Collins"...
"Strip", giustamente, non ha successo e la popolarità di Ant decrebbe. Ma la censura della tivù di Stato (e dello Stato in generale) inglese fece il suo gioco: uno con l'immagine di Adamo "il primo uomo", avrebbe fatto successo anche con dischi ben peggiori... Nel 1983, dopo cinque dischi in cinque anni, e soprattutto al primo flop, ad Adam Ant la musica comincia a star stretta, fors'anche a non piacere più. Il successo discografico - che non è arrivato - non è più l'obiettivo della sua vita: lo star system è il suo nuovo target. Per raggiungerlo lascerà la musica per dedicarsi al cinema, supportato dalla sua simpatica aria da bravo ragazzo, dai suoi lineamenti "nobili" e dal successo dei videoclips dei suoi 45 giri, in cui balla e recita ed "istrioneggia". Comincia per Adam il primo periodo della sua vita lontano dalla musica. Quando ritornerà, il movimento new romantic sarà alle ceneri. Adam si rifugerà nel "fidato" glam-rock, ma non perderà l'attitudine - e le sue pose - da gigolò.
Un ex punkster che finisce nelle copertine delle riviste patinate, nei giornali scandalistici, e poi nei film(-etti) ed a fare pubblicità in TV di scooters giapponesi (insieme nientemeno che a Grace Jones): più inverosimile della ragazza di campagna che arriva a Londra e diventa regina. Eppure è andata così.
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