L'introspezione come cura. Non si tratta di astrazione. Non si tratta di una nuvola indefinita che aleggia sospesa sopra la testa di qualcuno alla ricerca di significato. Non si tratta di casualità, soprattutto. Nella testa di Ian Matthias Bavitz c’è un nome che lo risucchia negli antri più oscuri dei suoi pensieri: Camu Tao. Camu Tao è, anzi era, Tero Smith. Un amico che nel 2008 morirà dopo due anni di lotta contro il cancro. Ian alias Aesop Rock già lo ricorda in Skelethon nel 2012. Sono volati otto anni dalla sua morte, ma è proprio un tarlo quello che, pian piano, rosicchia la lucidità a Ian. Lo porta a riflettere, forse troppo. La tematica della morte e della vita terrena è ciclica nelle sue capacità cristalline di scrivere, scrivere, scrivere pagine di storie da raccontare sottoforma di rap. Una cura, come accennavo in apertura. È Camu che lo spinge ancora una volta a riflettersi nello specchio, spogliato di tutto, nella sua dimensione più fragile. Un isolamento mentale e fisico che porterà Ian per un anno nel tepore dei boschi americani, fra animali selvatici che ti fissano e la quiete notturna della luna. Un mondo così lontano dal caos suburbano di New York City. Aesop è solo nele stanze della memoria che giocano con lui, lo sommergono e lo cullano. Il cuore batte forte, l’agitazione è da scacciare e da tener a bada. Una routine infinita che, fra le cure mediche, fa riemergere una voglia insaziabile di alzar lo sguardo e dire: ok, sto bene. Un traguardo che però appare impossibile da raggiungere, impossibile da bilanciare in un ipotetico equilibrio interiore. The Impossible Kid sono io. The Impossible Kid è Ian Matthias Bavitz. E a quattro anni da Skelethon l’MC è pronto nuovamente a sputare fuori i suoi demoni.
I let my fears materialize. I let my skills deteriorize.
Sapete quale è la cosa curiosa? Io che sto provando a scrivere una recensione su un personaggio come Aesop Rock che con le parole ha un rapporto intimo, una sincronia viscerale e che con flow impressionante ti travolge con il suo stream of consciousness. È inutile negare che mi stia trovando in una difficoltà immensa nel trovare le parole per descrivere la complessità testuale che sostiene un’impalcatura di beat tanto raffinati, quanto inquieti. The Impossible Kid riesce ad aprire lo scrigno della sua mente. O meglio, Ian lascia entrare l’ascoltatore per le strade labirintiche e contorte che lo portano a raccontarti tutto quello con cui continua a lottare. Vita es morte, vita es vita. I beat sono ossessivi, ti si stampano nel cranio e si prendono il loro giusto tempo per entrare in circolo. Un’elettronica minimale, ma glaciale. Marziale. Un’atmosfera noir che abbraccia il dark humor e le confusionarie visioni di un passato che rincorre a grandi falcate il nostro Ian. Il prendere coscienza delle proprie insicurezze e difficoltà sono il primo passo per Aesop Rock su cui costruire la trama molecolare di “The Impossible Kid”. Ian fa fatica a rimettersi in piedi e non lo nasconde, anzi, si domanda: If I died in my apartment like a rat in a cage, Would the neighbors smell the corpse before the cat ate my face? Il simbolismo di Aesop non lascia spazio a molte elucubrazioni mentali in questa fase della sua vita. L’incidere è straight-forward. Crudo, ma motivato più che mai a non voler scomparire come un fantasma.
Just in case of rough waters, I want to put one up for my brothers.
Gli sbiaditi corridoi dei ricordi familiari, i viottoli della alley di San Francisco dove sogni un posto migliore, tutte le ore interminabili in una sala d’attesa di uno psichiatra che cerca di incanalare la tua personalità in righe schematiche prendono forma e sostanza. Aesop sulla sua pelle ne ha vissute molte, ma la cosa che, musicalmente parlando, sorprende ancora dopo un ventennio d’attività è l'estrema sensibilità con cui riesce a toccare certe corde del suo animo. Il rap per lui è un fatto personale, è una conversazione con se stesso. Noi possiamo giusto cercar di comprendere il teatro che compone la sua personalità. The Impossible Kid è nevroticamente necessario. È l’ennesimo capitolo di un artista che con sincerità tramuta le sue idee in un percorso narrativo rigenerante.
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