5:45
Me. Zaino Falchi. La borsa termica Giò Style. Cappotto, sciarpa e cappello di lana. Fischietto stornelli romani per sentirmi a tema. Ma Frosinone fa 110 chilometri da Roma. Allora intono uno spot della tv: ♫ Nastro Azzurro ti porta lontano,lontano...♫ . Arrivo al punto d'incontro. C'è già quello venuto due ore prima per paura di far tardi ad un'ora prima. Alla spicciolata arrivano tutti gli altri. Una trentina quasi. Due ragazze, una suora, tre pargoli. Il resto sono settantenni, ben assortiti. Ciarlano a bassa voce. Li osservo. Non ciarlano più. Mi giro, riprendono.

6:14
Arriva l'autobus. Ventimila lire è il modesto importo per questa esperienza mistica e le pesanti, scolorite tendine di velluto a fantasia barocca ne giustificano il prezzo. Salgo e mi metto a sedere. Anche qui mi tornano in mente le ventimila lire e capisco che economico non fa rima con ergonomico. Vorrei dare altre tremilacinquecentocinquanta lire (in tasca con la cinquantamila lire) ma è troppo tardi. Si parte.

6:17
Sosta all'area di servizio. Mi sono distratto nel sistemare lo zaino e la borsa termica. Sono ancora ad armeggiare con i miei bagagli mentre il conducente si ferma. Lo ringrazio convinto che abbia percepito la mia difficoltà, il mio precario equilibrio. Mi guarda allibito. Il mezzo si svuota. Non lo ringrazio più. Scendo e in lontananza quasi scorgo il punto di partenza. Entro nella caffetteria. Parlano animatamente di palloni fermati da un palo, di Mariana e Luis Alberto Salvatierra mentre si incipriano i musi di zucchero a velo. Li osservo. Mi osservano. Continuano a parlare ma non più di Mariana e Luis Alberto. In Tv è in onda il calcio: “Cesena-Ascoli, un scontro per la salvezza...la classifica marcatori dopo la pubblicità...♫ Nastro Azzurro ti porta lontano,lontano...♫“. Esco. Sono quasi tutti risaliti in vettura con i loro musi imbiancati.

6:48
Ci rimettiamo in marcia. I sussulti degli ammortizzatori scarichi mi tengono sveglio. D'un tratto, come impossessata, la settantenne in prima fila si mette in piedi ed inizia ad intonare una canzone per la madonna, esortando con chiari gesti il resto della ciurma a seguirla. Confido che rimarrà una voce solista. Tutti la seguono con enfasi e inizio a pensare ad una congiura alle mie spalle. Per non essere additato improvviso un playback ♫ Nastro Azzurro ti porta lontano, lontano...♫ … e per fortuna ci cascano. Iniziano i tornanti e alla settantenne in prima fila passa la voglia di cantare.

8:34
Giunti a destinazione. Il nostro autobus sbuffa e si ferma. Scendiamo. Un capogruppo con una bandierina che recita Straßlach, come un temerario Messner della Bavaria, guida una sturmtruppen di attempati crucchi claudicanti. Bevo una bibita 7up. Faccio un rutto, poi entro nel monastero. Rivado fuori per farne un altro. Rientro. La compagine è tutta dentro le mura, intenta ad osservare l'architettura e gli affreschi sulle pareti. Si siedono lungo i banchi per ispezionare meglio i soggetti sulle volte. L'azzardo risulta fatale. La narcolessia prende il sopravvento. Un'onda di bianchi capi oscillano all'impazzata formando una inattesa ola. Lesto mi appropinquo all'uscita per un altro rutto. Escono tutti, anche i crucchi, e hanno già dimenticato le pareti e le volte. Dopotutto sono solo un fastidioso contorno al momento clou della gita: il ristorante. La fame attanaglia l'orda, accomodata e trepidante. Il primo piatto si fa attendere così tutti si riversano sui cestini con pane e taralli. Il commensale al mio fianco perde dalle mani un tarallo. Lo coglie da terra e, soffiandoci su, lo introduce in bocca. Vado alla toilette. Qualcuno mi precede ma fortunatamente si ferma a decifrare i sessi delle figure sulle porte. Guadagno di slancio il water e chiudo la porta dietro di me. Anzi no. Il chiavistello è solo un ornamento così metto il piede a contrasto. Qualcuno si ferma allo specchio. Considero che probabilmente non ha bisogno del water. “PRRRRRRrrr”. Rivaluto le mie considerazioni. “PRRRrrrr.... Prrr.....PPRRRRRRRRRRRRrrrr”. Mi affretto. Esco. Mi son dimenticato di pigiare lo sciacquone ma è troppo tardi. Un tonfo sordo di sorprendente potenza lo sancisce. Ritorno al mio tavolo e un fumante piatto di spaghetti mi attende. Mi balena una ripugnante analogia ma la fame incalzante la scaccia. Nel frattempo i camerieri incalzano con il secondo. Vogliono accompagnarci alla porta. In men che non si dica il pranzo è finito. Mi ritornano in mente le ventimila lire. Passo dalla toilette prima di uscire. Il lavabo è un campo di battaglia disseminato di pezzi di carne e verdura che precedentemente giacevano su protesi ballerine. Uscendo saluto il personale che non presta attenzione a causa del volume troppo alto della tv: ♫ Nastro Azzurro ti porta lontano,lontano...♫ .

19:00
Il viaggio di ritorno è una nuova ola di teste penzolanti, a tempo sulle note de “ I miei successi” di Peppino Di Capri. Mi riscopro romantico nell'osservare le luci della sera oltre il finestrino. La 7up di dieci ore prima mi stimola un nuovo, inopportuno rutto che soffoco con non poche difficoltà. La sonnolenza mi stringe nella sua morsa. Chiudo gli occhi e l'autobus si ferma. Siamo arrivati.

20.32
La carovana di valigie, zaini e borse termiche defluisce in varie direzioni. Rifletto sulla giornata appena trascorsa cercando di darne un senso e mi ritrovo sull'uscio di casa. Metto la chiave nella toppa e girandola scorgo una sagoma famigliare. Son sicuro di conoscere quell'individuo ma il sonno mi tira dentro casa. Chiudo la porta. Dalla strada arriva un rumore distinto. “PPRRRRRRRRRRRrrrr”.
Ricordo.

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