Come si fa a rovinare tutto quanto, a fare tutto a pezzi, e riuscire al contempo a "migliorarlo"? E' quello che ho pensato durante l'ascolto della versione di Alan Vega della celeberrima "Be Bop A Lula", trasformata semplicemente in una canzone che non è "Be Bop A Lula". E se ascoltate i suoi specials, allora? Nel 1982 tira fuori il suo secondo lavoro solista, ancora debitore del suo background rockabilly e rock n'roll; stavolta il corpo delle canzoni è meno scheletrico, le chitarre hanno più spessore ed il sound è tutto più sostanzioso. Il tutto riesce a rendere l'iniziale "Magdalena '82" ancora più godibile di "Jukebox Babe" del disco precedente. I due brani, per inciso, rispecchiano all'identica maniera le esigenze di Vega di resuscitare le sue "root-rock roots" per spararle alla velocità del suono verso il futuro di una musica che rispecchia i ritmi e le angoscie della calamitata modernità. Ecco, Alan Vega è l'artista che meglio ha incarnato l'effigie dello space cowboy...
Anche "Outlaw" rispecchia lo standard "rockabilly geneticamente modificato", ma la musica è ancora più forte (numerosi soli di chitarra tra le strofe), ed il cantato è ancora più lagnoso. Divertente, spedita e meno "musicalmente sgrammaticata" "Raver", così standard da dover durare meno di tre primi, a scanso di ripetitività.
Tra gli "ohm" di monaci tibetani cibernetici, implode la meravigliosa versione space-billy di "Ghostrider", il cavallo di battaglia Suicide... Gli incubi della true America, le sue leggende, le sue allucinazioni, in Alan, il cavaliere venuto dall'inferno, ritornano al loro splendore. Chissà cosa avrebbe mai pensato di lui Jim... Nella ballad "I Believe", nuovamente qualcosa che nasce springsteeniano e diventa mostruosamente Alan Vega. Ed, ovviamente, tutto per suo merito: qui la musica è normale, nulla di sgradevole e nulla di particolarmente originale (e così sarà per tutto il disco, suonato bene e forte, ma nulla di paragonabile al genio creativo di Martin Rev, escluse le due covers di "Be Bop A Lula" e di "Ghostrider"), quindi le invenzioni sono tutte onere di Vega, in questo pezzo ancor più che negli altri. Saliente il minuto che va dal 3.30 al 4.30, in cui è possibile renderci conto della grandezza di questo innovatore della musica, prima ancora che dello stile in questione.
Da rockabilly, "Magdalena '82", diventa country-hardrock e si trasforma in "'83". Il countryrock prosegue con la meravigliosa "Rebel Rocker", mentre il finale è tutto per la terribile, doom e straziante "Viet-Vet", tra creature che succhiano brandelli di carne di militi disossati... Una lenta, inesorabile discesa lunga quasi tredici minuti dentro a un inferno chiamato Vietnam. "We are all Viet-Vet!!!" è l'ultimo terrificante urlo di un Alan Vega condottiero del suo plotone suicida...
Un disco maturo, nei suoni e nei contenuti, un po' meno originale del precedente ma anche meno "irrisolto", meglio eseguito e portato a compimento. L'ultimo vero episodio rockabilly puro per Vega che, sempre scomodo qualsivoglia posizione assuma, cederà alle lusinghe del fan della prim'ora Ric Ocasek, leader della mainstream band The Cars, assieme al quale darà vita al tecnologico e danzereccio, nonché famosissimo, "Saturn Strip". Fatto sta che, tra i molteplici cambi direzionali che segnano la vita e la carriera di questo "artista in libertà", "Collision Drive" rappresenta il secondo punto di rottura dopo l'esordio con Martin Rev; la seconda volta che puoi gridare "touch down!"; la seconda volta che hai trovato un punto idoneo su cui piantare una bandiera, rigorosamente a stelle e strisce ma in bianco e nero... E la seconda ragione per cui passare alla storia.
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