Alan Vega non si esaurisce nel rockabilly OGM o nelle ansie post-moderne. Alan Vega rimane un sabotatore culturale, un outsider senza orgoglio d'esser tale, uno sperimentatore suo malgrado (1). Cosa gli si può dunque contestare, se decide di cedere alle 'lusinghe' di Ric Ocasek e convertire il suo sound?
Invadenti basi dance e batterie baritonali senza piatti: così si presenta il disco e l'iniziale "Saturn Drive"... Quando poi salgono le chitarre, e addirittura arriva un assolo, ti tranquillizzi: è rock elettronico anni '80, e non dance... Vega è sempre più teatrale, e la sua voce migliora di disco in disco; diventa più ferma, sicura. I suoi 'passaggi' - perché di strofe vere e proprie non è esatto parlare - sono solidi, le sue invenzioni sonore, i suoi starnazzi, gli scimmiottamenti, le caricaturali creature sonore sono, come al solito, del tutto imprevedibili.
Il suo songwriting viaggia tra creature root-rock a cui è stato aggiunto un cromosoma - come per i suoi lavori precedenti -, pezzi nello standard dei Suicide - su tutti la già citata "Saturn Drive" e la ballata "Je T'Adore" -, fino a raggiungere cifre stilistiche ad egli fino ad allora estranee: brani orecchiabili, pressoché easy, in cui Vega non è un crooner malato di cirrosi epatica ficcato dentro a un whiskey bar in Alabama, bensì un cantante vero, e che singer! Incisivo, delicato quando serve, trascinante dove conviene. Ad "American Dreamer" manca soltanto il ritornello, "Wipeout Beat" non ne ha bisogno (e spacca) e "Goodbye Darling" vi farà saltellare dopo trentacinque secondi al massimo.
Il tutto riesce così bene che è impossibile non tributare il giusto riconoscimento a Ric Ocasek (un artista che un po' mi pare di conoscere...), che prende gli episodi più "suicidi" e, non potendoli scarnificare con le dieci dita di Martin Rev, decide di condirli e di farcirli di tecnologia e/o di tecnica d'incisione, preoccupandosi al contempo di tenere sempre e comunque ben alto il wall of sound. Un Ocasek che trasforma i 'rides' "Video Babe" e "Kid Congo" in originalissime colonne sonore per videogiochi inesistenti ("Video Babe" sarà anche singolo), come spesso gli riesce nelle spoken word che compone per i Cars e per i suoi album solisti; che prende Alan Vega e la finale "Every 1's A Winner" e li trasforma in Lou Reed e "Sweet Jane II"; che preleva "Goodbye Darling" e la fa divenire una punk song da stadio... Che ci mette tutto il gusto AOM, ma anche tutta la sua stilosità new wave e la manicale ricerca della perfezione tipica dello yuppie.
Il risultato dello 'sposalizio' Vega-Ocasek rende "Saturn Strip" si commercialissimo (è il primo dei due dischi che Vega incise per una major, ovviamente la Elektra per cui lavoravano i Cars di Ric Ocasek), ma fors'anche il migliore della venticinquennale carriera dell'American Hero, probabilmente migliore (e non solo a parer mio) del 'più titolato' "Collision Drive". Fatto sta che il gusto per l'alternativo (che contribuirà a far maturare in Vega il desiderio di fuggire via dalle majors) spinge i fans a propendere ed a schierarsi a favore di lavori più complessi, più ardimentosi, meno commerciabili, ma tutto ciò non può andare (e non va) a discapito di quello che è senza dubbio un gran bel disco. Anche per una major. Ed anche se per una major.
(1) si ringrazia vortex
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