Finalmente Alex Britti riesce a produrre quanto di meglio potesse proporre: Mojo, un disco tutto strumentale di "blues e dintorni". A trent'anni dal suo esordio discografico (sebbene il primo lavoro fu immesso per errore) Alex prosegue il suo processo di emancipazione dalla canzonetta radiofonica, inseguita dal 1998 di "Solo una volta (o tutta la vita)" al 2011 di "Immaturi", pubblicando un album dove finalmente le sue doti chitarristiche si ascoltano pienamente, senza doverle scorgere tra un brano e l'altro. Dieci pezzi soprattutto di blues, ma dove non mancano accenni di jazz, funk e rock. Apre la sperimentale "S-funk", dove il blues si evolve e si confronta col funk e col nu jazz, dando vita a una efficace miscela. "Sotto il cielo di Amsterdam" ha un sapore latin jazz, soprattutto nel finale. Il titolo esplica bene le atmosfere dell'Europa del Nord. Con "Insomnia" si va più verso la fusion, e non mancano effetti e dissonanze. "Dolce Sveva" pure fa pensare ad atmosfere nordiche, ma qui ci sono anche accenni di musica classica e il jazz si fa accogliente e morbido. "Il treno per Roma" è chiaramente blues, il tema si apre a un respiro internazionale e sembra di vedere le strade del Texas. Come accade chiaramente anche nel successivo "West e Co.", dove il blues si fa quasi country ed è impossibile non pensare ai film western di Sergio Leone. Dopo l'America, si ritorna in Italia con "Tuscany", anche questa più latina, come la traccia 2, con un sound alla Paco De Lucia. "Respiro" è il pezzo più elettronico dell'album, oltre che quello più fusion. La commistione tra strumenti tradizionali ed elettronici risulta ben calibrata. "Mojo", la title-track, ovvero la magia, è la migliore dell'album, a parere di chi scrive. Un blues che intreccia il gospel e dove la melodia della chitarra quasi "canta". Il gran finale è affidato ad "Adrenalina", un pezzo nomen omen, dove i fraseggi di un blues puro ed energico rappresentano il giro d'onore di questo album.

Alex si era già distaccato dalla Universal dopo il Best of del 2011, fondando la It.pop, etichetta che porta il nome del suo primo vero album; e già col il disco splittato In nome dell'amore si era spinto verso mete artisticamente più ambiziose. Con questo Mojo, peraltro presente solo sulle piattaforme e non fisicamente, come a segnare un ulteriore distacco dai firmacopie e dalle logiche major, Britti finalmente raggiunge ciò che, in cuor suo, inseguiva da sempre. Speriamo, dando all'album 4 stelle meritatissime, che il romano prosegua su questa "magia".

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